Storie di vita vera sui monti
Tra le idee regalo da far trovare sotto l'albero, ce n'è una che è anche una novità editoriale. Si intitola "La ca' - i racconti del Resegone", l'autore è Marco Simi e la prefazione è di Antonio Socci. Uscito per i tipi della Itaca (euro 10, pp.112), il libro raccoglie una ventina di racconti realmente vissuti dall'autore, scomparso cinque anni fa a soli 46 anni. Milanese di nascita, cremonese d'adozione, Simi ha avuto da sempre una passione per la montagna. Passione trasmessa dai genitori e da lui riproposta ai figli. Cose semplici, come l'annusare la resina dei tronchi di pino nei boschi alle mangiate di castagne e polenta davanti al fumo e al fuoco dei camini di baita. Proponiamo integralmente per i nostri lettori la prefazione di Antonio Socci: «Questi racconti brevi sono sapori prelibati da gustare, sono ricordi frizzanti o struggenti come la vita, che a volte fanno scompisciare dal ridere e altre volte danno il nodo alla gola per la commozione di un’esistenza che riflette il comune destino. Ma questo libro è la porta di un mondo. Un mondo in cui ci si affaccia prima con meraviglia grande, ma dove subito ci si inoltra con allegria, sentendosi in calorosa e scanzonata e fraterna compagnia. Dov’è questo mondo? La Ca’ è un nome che indica la baita che fu dello zio Vinicio sopra a Erve e anche le due piccole baite in pietra che sono in Val Daone. Sono dunque un luogo fisico, come il Resegone, montagna che tutti conosciamo per reminiscenze manzoniane. Ma il mondo così bello di questi racconti, oltre a trovarsi fisicamente in alta Lombardia, è innanzitutto negli occhi e nel cuore di Marco (aggiungo che è in questa sua scrittura davvero sorprendente, piena di personalità). I poveri oggetti densi di umanità vissuta che sono protagonisti dei racconti diventano epici, come lo scudo di Achille, perché parte del grande dramma umano che va da Adamo alla fine dei tempi, perché così li vede e li sente chi ce li racconta e questa è una magia che riesce solo agli scrittori veri oppure al più grande degli avventurieri, come lo definiva Péguy: il “padre di famiglia”, il cristiano padre di famiglia. Qui tutto è cristiano, anche le povere funzioni corporali e l’allegria, perché è cristiano lo sguardo e il cuore del narratore. Soprattutto è cristiano l’amore tenero per ogni atomo di realtà».