La storia di Maymun, fuggita dalla Somalia per amore del calcio
Mogadiscio, 15 mar. - (Adnkronos/Aki) - Una passione stroncata sul nascere quella della somala Maymun Muhyadine Mohamed per il calcio e la corsa. Affermando che ''le donne non possono praticare sport'', i miliziani islamici di al-Shabab hanno considerato la sua gioia e o suoi risultati nello sport come un atto di sfida e le hanno impedito di continuare. Dal campo rifugiati di Ali Addeh, in Gibuti, la donna ricorda oggi di essersi sentita chiedere di ''abbandonare lo sport e indossare l'hijab'', il velo islamico che copre il capo. Abbigliamento che la Maymun indossava quando non giocava a calcio e che toglieva solo durante gli allenamenti e le partite, in quanto l'abito lungo le impediva di muoversi agilmente. Ma i miliziani di al-Shabab non ammisero condizioni, dicendo alla donna che sarebbe stata giustiziata nel caso in cui avesse continuato a praticare il calcio. Lo scorso anno i miliziani islamici hanno detto al marito di Maymun di controllare sua moglie, ma Abdi Abu Bakar, 23 anni, disse che la consorte traeva gioia dal gioco del calcio. E cosi', una notte, la loro abitazione venne attaccata e l'uomo fu ucciso. ''Quando mio marito mori' ero incinta di quattro mesi'', racconta Maymun, che rimase a Mogadiscio fino alla nascita della figlia Fahima. A quel punto decise di scappare, vendendo la medaglia che aveva conquistato nel calcio per 30 dollari americani e usando quei soldi per lasciare la Somalia. Maymun poteva scegliere se andare in un campo rifugiati a Dadaab in Kenya o fare un viaggio piu' lungo e arrivare in Gibuti. "C'erano diversi combattenti sulla via per Dadaab - racconta - Ma la strada per il Gibuti era sicura". I 30 dollari che aveva con se' non le bastarono per varcare il confine, a bordo di un camion con la sua bambina, e si trovo' costretta a chiedere aiuto e un passaggio ai camionisti che trasportavano frutta e verdura tra Somalila e Gibuti. Una volta qui scopri' che molti di coloro che avevano lasciato la Somalia avevano in programma di attraversare il Mar Rosso e di andare a lavorare in Yemen e Arabia Saudita. "Eravamo in 38 ad attraversare il confine", dice, aggiungendo che 31 del suo gruppo hanno deciso di continuare per lo Yemen. Maymun si e' rifiutata di prendersi questo rischio con sua figlia. ''Sono stata assistita da agenzie per i rifugiati'' del Gibuti, prosegue. Nel campo di Ali Addeh, Maymun frequenta la scuola primaria la mattina e gioca a calcio con i ragazzi al pomeriggio. Ha sempre rifiutato le promesse dei trafficanti di essere umani che sono giunti al campo. ''Voglio solo giocare a calcio e essere felice'', dice, promettendo che ''se mai vincero' ancora dei trofei non li vendero' e li mostrero' a mia figlia''.