Cuba: e' corsa al petrolio ma la Florida teme una marea nera

L'Avana, 2 mar.- (Adnkronos/Washington Post) - Cuba ha scoperto di avere il petrolio, ma agli Stati Uniti questa corsa al greggio non piace per niente, e non solo per ragioni geopolitiche. Dalla Florida, infatti, si guarda con preoccupazione all'avvio delle operazioni delle prime piattaforme offshore al largo dell'isola caraibica, lontana meno di 100 chilometri. Qualunque problema nell'estrazione del greggio cubano - con riserve stimate dagli stessi americani in 5 miliardi di barili - potrebbe riversare nel giro di pochissimi giorni una marea nera sulle coste di Miami, con gravi ripercussioni su uno dei pilastri dell'industria turistica Usa, per non parlare dei danni al delicato ecosistema della Florida. La memoria corre al disastro della piattaforma Deepwater Horizon, con milioni di barili riversati per mesi nel Golfo del Messico, operazioni di contenimento e ripulitura che hanno impegnato piu' di 5 mila imbarcazioni e danni per 43 miliardi di dollari. Se una simile eventualita' dovesse riproporsi durante le esplorazioni avviate dall'Avana, al problema ambientale si sommerebbe quello diplomatico: le esplorazioni avvengono in acque territoriali cubane e l'embargo lanciato 50 anni fa da Washington (e mai revocato) rende difficile anche solo il dialogo fra i due paesi, per non parlare di una cooperazione operativa. "Immaginate se una cosa del genere accadesse nelle acque che separano due paesi che non si parlano neppure" sottolinea Jorge Pinon, ex presidente dell'Amoco Oil Latin America e oggi ricercatore del Center for International Energy and Environmental Policy dell'universita' del Texas. Per Pinon Cuba, con una marina di dimensioni assai ridotte, potrebbe impegnare solo il 5 per cento delle risorse necessarie a contenere una marea nera come quella fuoriuscita dalla Deepwater Horizon. (segue)