La morte dell'ex di Amici
Michele Merlo, la leucemia fulminante e la foto sconvolgente dei lividi: "Perché non lo hanno salvato"
Michele Merlo poteva essere salvato? Perché nessuno si è accorto di quanto i suoi sintomi fossero gravi? Ci sono delle responsabilità per la sua morte? L'inchiesta della Procura cercherà di dare risposte a queste domande. Perché i suoi ultimi giorni di vita parlano da soli. Alle 11.59 del 26 maggio la richiesta d’aiuto di Michele Merlo, 28 anni, viene rimbalzata. Il cantante, riporta il Corriere della Sera, aveva mandato una mail allo studio associato del suo medico di famiglia, a Rosà (Vicenza), allegando la foto dell’ematoma comparso sulla gamba sinistra. Non un semplice livido, ma qualcosa di più. E' impressionante. Ed è evidentemente il sintomo della leucemia fulminante che lo ucciderà undici giorni dopo.
Ma la risposta che arriva, firmata da un anonimo "assistente di studio", è agghiacciante. Non solo non si dice al giovane di correre all'ospedale, addirittura lo redarguisce: "L’utilizzo della mail è unicamente per la richiesta di terapia cronica. Per qualsiasi altro motivo, chiamare in segreteria. Inoltre chiediamo di non inviare foto". Punto.
Quella foto, la mail e altre carte sono finite nell’inchiesta per omicidio colposo aperta dalla procura di Bologna e di recente trasferita per competenza ai magistrati vicentini. Secondo la perizia del professor Antonio Cuneo e del dottor Matteo Tudini, sarebbe bastato fare a Michele Merlo l’esame del sangue per far emergere un quadro di emopatia acuta con conseguente ricovero immediato: "In tale contesto, con elevata probabilità, Merlo entro 24 ore avrebbe iniziato la terapia adeguata" e ""qualora la terapia fosse stata somministrata a partire dal 27-28 maggio (…) avrebbe avuto una probabilità di sopravvivenza compresa tra il 79 e l’87 per cento".
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Invece niente. I primi segnali della malattia risalgono al 7 maggio: sono quattro ecchimosi di circa 4 centimetri in corrispondenza del deltoide destro e di 2 centimetri all’avambraccio sinistro. Il 16 maggio compaiono altri lividi estesi al braccio destro e alla coscia sinistra. Il 26 maggio secondo la memoria predisposta dall’avvocato Marco Dal Ben, che assiste la famiglia Merlo il cantante "decide di andare al pronto soccorso dell’ospedale di Cittadella (Padova) per l’ematoma alla coscia sinistra che gli causava dolore". Ma "dopo tre ore di attesa mio figlio, scocciato, andò via", spiega Domenico Merlo, il papà, al Corriere.
Quindi Michele si reca nello studio del medico di famiglia a Rosà, Vitaliano Pantaleo: "Per la diagnosi mi basai su quel che disse lui stesso: raccontò di aver preso alcune botte facendo un trasloco. Si stava curando con antinfiammatori e una pomata e gli raccomandai di tornare da me entro 3-5 giorni, ma non l’ho più rivisto. Mi sono fidato delle sue parole, francamente credo di aver fatto bene il mio lavoro ma non passa giorno che non pensi a lui…".
Il 28 maggio la situazione precipita. Compaiono delle "piccole ma ben visibili emorragie mucose al cavo orale". Il 30 maggio "accusa dolore alla testa"» e sanguinamento dal naso; il 31 "riferisce di sentirsi stanco e lamenta mal di gola"; l’1 giugno "lamenta mal di gola, mal di testa e febbre a 38,5".E' già troppo tardi per salvarlo secondo i periti. Il 2 giugno Merlo "decide di recarsi all’ospedale di Vergato" ma nessuno lo visita così va dal medico di continuità assistenziale: "Questi - prosegue la memoria - pone una diagnosi di tonsillite".
"La sera del 3 giugno inizia a vomitare, perde coscienza e sviluppa convulsioni". La fidanzata Luna chiama il 118 e "segue le indicazioni di primo soccorso e nota nuove macchie sulla schiena". L’ambulanza trasporta Michele all’Ospedale Maggiore di Bologna. È già privo di coscienza. Il 4 giugno viene eseguita una Tac e viene operao d'urgenza "a scopo decompressivo". Si scopre solo allora che ha una leucemia fulminante. Segue "una terapia trasfusionale con piastrine". Il 5 giugno "le condizioni restano critiche e Michele sedato". "Il decesso interviene alle sera del 6 giugno".