Angelino, il giovane segretario Pdl che ruba il lavoro alla sinistra
«Cercansi uomini per viaggio pericoloso. Paga bassa, freddo tremendo, lunghi mesi di completa oscurità, pericolo costante, nessuna certezza di tornare incolumi. Onori e riconoscimenti in caso di successo». La missione di Angelino Alfano è chiaramente ispirata al leggendario annuncio messo sui giornali da Ernest Shackleton oltre un secolo fa. Il segretario del Popolo della libertà di freddo in questi mesi ne ha patito tanto e onori e riconoscimenti, se mai ci saranno, sono tutti da venire. Attorno a lui e al Pdl è ancora buio, ma in lontananza iniziano a vedersi i primi barlumi. La domanda che accompagna Alfano da quando ha assunto la guida del primo partito d’Italia non riguarda la sua capacità di capire la politica, visto che il ragazzo è intelligente e l’argomento lo mastica dalla nascita, ma caratteriale: Alfano ha brillantezza, carisma e denti aguzzi quanto basta per ricoprire al meglio un incarico così importante in un momento tanto difficile? Il Pdl ha forse messo un pesciolino rosso in un lago di piranha, circondato da un mare di squali? Il fatto di aver ereditato la guida del partito da un fenomeno unico come Berlusconi, antropologicamente così diverso da lui, di sicuro non lo aiuta, perché rende inevitabili confronti improponibili. Il giudizio che il suo mentore avrebbe dato di lui una settimana fa, quello sulla mancanza del «quid», sembrava il segnale di fine anticipata di un’avventura mai decollata. E invece. Ufficialmente Alfano ha preso per buona la smentita di Berlusconi su quella frase così poco generosa. Chi gli ha parlato nei giorni scorsi assicura invece che il colpo l’ha avvertito. Ma, anziché abbattersi, Alfano ha reagito. Tantissimi del Pdl, dopo quella vicenda, gli espressero sostegno in pubblico. Ma molti tra loro, in privato, gli dissero pure che era giunto il momento di mostrarsi aggressivo. Di tirare fuori il «quid». Conclusione alla quale deve essere giunto anche lui. Del resto è probabile che in futuro Berlusconi sia sempre meno presente nella vita del partito. Tocca al segretario, allora, tessere alleanze, porre condizioni, dare la linea. Così si è vista più politica da parte di Alfano nell’ultima settimana che da luglio - quando fu nominato segretario - a sette giorni fa. Gli elettori, dicono le prime rilevazioni, apprezzano. In pochi giorni il giovane leader del Pdl ha mandato all’aria il piano con cui Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani volevano cambiare regole e direttori della Rai e - d’intesa con il ministro Paola Severino - intendevano cancellare la responsabilità civile dei magistrati, votata dai deputati di Pdl e Lega e in attesa di essere confermata al Senato. Ha costretto Mario Monti a prendere atto che quella che sorregge il governo non è una maggioranza politica (come andava già dicendo Casini) e che quindi non può esserci nessuna cabina di regia attorno alla quale i leader di Pdl, Pd e Terzo Polo si riuniscono con il premier per prendere decisioni. I vertici torneranno ad essere bilaterali, tra Monti e i singoli partiti che lo sostengono. Il resto del lavoro Alfano lo ha fatto da Orvieto, nel seminario del Pdl che si è concluso ieri. Il rapporto con la Lega si è tremendamente sfilacciato, ma non è ancora spezzato. Il segretario azzurro prova a tenere in vita ciò che ne resta e lancia un appello estremo alla Lega in vista delle amministrative, per «non consegnare il Nord alla sinistra». Gli risponde Roberto Maroni, uno che con Alfano ha sempre avuto un buon rapporto: «Togliete il sostegno al governo Monti-Dracula e poi (forse) ne riparleremo». Al netto della necessaria propaganda in vista del voto di maggio, vuol dire che anche il futuro leader leghista non esclude che si possano annodare i fili rotti. Ora no, ma in vista del voto politico del 2013 un tentativo di riproporre l’alleanza sarà fatto. Il tema della riunificazione con l’Udc sotto il tetto della Casa dei moderati resta, ma senza pregare nessuno: «Non lanciamo appelli, chi ci sta ci sta» avverte Alfano, interpretando bene quello che pensano almeno tre quarti del suo partito. Un ringraziamento particolare il Pdl e il suo segretario devono comunque tributarlo al governo Monti: senza il vertice a tre tra il ministro Cancellieri, Bersani e Casini, senza le offese del ministro della Cooperazione Andrea Riccardi ad Alfano e senza la reazione scomposta che il titolare della Farnesina, Giuliomaria Terzi di Sant'Agata, ha avuto nei confronti della Lega, il recupero di autonomia dal governo e il riavvicinamento con il Carroccio non sarebbero avvenuti in modo così facile. Mentre il Pd è sempre più diviso tra le riforme dell’esecutivo e il massimalismo della Fiom, Alfano si rivolge a Monti con un slogan dal sapore sindacale: «Lavoro, lavoro, lavoro». Sulla strada della riforma necessaria a creare più occupazione si impegna non a seguire Monti, ma a fargli addirittura da battistrada. Bersani cerca di svicolare da questo tema, accusa il Pdl di pensare solo gli interessi privati di Berlusconi e di Mediaset, ma è chiaro che riforma del lavoro e riscrittura dell’articolo 18 sono nervi che procurano dolori fortissimi al Pd ogni volta che qualcuno li va a sfiorare. Cosa che Alfano intende fare spesso. Quanto al pressing nei confronti di Monti e dell’Abi, affinché le banche rimettano in circolo i soldi avuti in prestito (al tasso dell’1%...) dalla Bce, era lecito attenderselo dalla sinistra. Invece saranno quelli del Pdl, in settimana, a incontrare i vertici dell’Associazione bancaria per chiedere spiegazioni. «Il Pdl sarà contro le banche se le banche saranno contro il popolo», è il programma “socialista” di Alfano. La cosa più banale tra quelle dette dal segretario in questi giorni è anche quella che ieri più ha fatto discutere: «Se l’alleanza tra Di Pietro, Vendola e Bersani andrà al governo farà quello che ha fatto la sinistra spagnola: il matrimonio tra uomini». Frase banale intanto perché vera, visto che l’unione tra coppie dello stesso sesso è proposta da molti esponenti della sinistra cui sarebbe ingiusto non dare credito. E poi perché non rappresenta alcuna novità: Alfano ha solo ribadito la linea del Pdl e dei partiti che lo hanno formato. Fatto sta che ieri da sinistra paragonavano Alfano a un nuovo Berlusconi, chiaramente con l’intento di insultarlo. Per una serie infinita di ovvii motivi la similitudine non sta in piedi. Ma per un leader del Pdl che ha il difficilissimo compito di iniettare adrenalina agli elettori del partito, ancora sotto shock per l’uscita del Cavaliere da palazzo Chigi, non potrebbe esserci accusa migliore. Basta che duri. di Fausto Carioti