Se il premier sta con le toghe rischia grosso

Andrea Tempestini

Severino humanum, Monti diabolicum. Giovedì, con il voto a Montecitorio sulla responsabilità civile dei magistrati, il ministro della Giustizia ha sbagliato tutto. Prima il governo ha dato parere negativo sull’emendamento del leghista Gianluca Pini. Quindi, a sconfitta subita, Paola Severino ha chiesto al Senato di correggere la norma. Da qualunque punto lo si voglia guardare, un disastro. Innanzitutto è stato un errore tattico: era chiaro dal mattino che la votazione sarebbe potuta finire molto male per chi era contrario alla responsabilità individuale delle toghe; con quella dichiarazione di voto il governo ha accettato di correre un rischio enorme. Pagandone il prezzo. È stata anche una scorrettezza politica, che nessuno ha denunciato pubblicamente ma che almeno metà dell’aula ha notato (e messo in conto all’esecutivo): il governo Monti è nato per raddrizzare i conti pubblici e ridare competitività all’Italia; su materie collocate fuori da questo perimetro, come la responsabilità dei magistrati, farebbe cosa corretta a chiamarsi fuori. Tanto più in un caso come questo, dove chi ha votato per inserire la norma nella legge comunitaria sostiene, non proprio a sproposito, che il principio di una magistratura responsabile e sottoposta a valutazione è previsto nella lettera inviata dalla Banca centrale europea al governo italiano, cioè in quello che all’inizio doveva essere il vero programma di Monti. Allo stesso modo il governo mostra di non rispettare la sovranità del Parlamento quando chiede a palazzo Madama di cambiare la norma votata a Montecitorio. Finché però si trattava di errori che non coinvolgevano Mario Monti in prima persona, essi, pur con qualche sforzo, potevano essere derubricati come incidenti secondari. Ora invece il premier ha deciso di mettere la propria faccia sulla richiesta al Senato di cambiare la legge. «La mia posizione è quella del ministro Severino. Quella norma va modificata, non servono provvedimenti spot», ha avvisato Monti. Dichiarazione irrituale, che ha ottenuto l’effetto di irrigidire i destinatari della richiesta, i quali di fare gli schiacciabottoni del governo anche su temi estranei all’economia non hanno alcuna voglia. «Nessuno si illuda. Il principio c’è e rimarrà», ha detto il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. Tanto più che non si vede come possa Monti raggiungere un accordo con Silvio Berlusconi per affossare la norma. Anche ammesso che il Cavaliere, il quale è in luna di miele con il governo e con i centristi, accetti una cosa simile, il voto a scrutinio segreto, che con ogni probabilità deciderà la faccenda, renderà impraticabile qualunque intesa. La morale è chiara:  su questo tema Monti farebbe bene a lasciare il Parlamento libero di decidere, senza intervenire in alcun modo. Il Senato discuterà il disegno di legge comunitaria, all’interno del quale i deputati hanno inserito la norma, solo tra qualche mese; prima vengono le liberalizzazioni e gli altri decreti. Il governo quindi ha tutto il tempo per prendere la distanze dal provvedimento. Monti farebbe bene ad approfittarne per fare un passo indietro, o almeno di lato. Il suo esecutivo non è nato per occuparsi di simili cose. Se il premier insisterà, quello del Senato sulla responsabilità dei magistrati finirà per essere un voto su Monti. E questo non conviene né a lui né al Paese. di Fausto Carioti