Ma teme l'imboscata sul lavoro

Giulio Bucchi

Una questione di lealtà. Così Mario Monti ha definito il "voltafaccia" dei partiti, Pdl in primis ma pure qualche "franco tiratore" del Pd, sulla questione della responsabilità sivile dei magistrati. Il governo aveva dato parere contrario all'emendamento della Lega, ma il centrodestra ha votato compatto a favore. Per questo Il premier ha convocato nella serata di ieri Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, leader di Pdl, Pd e Udc. Un vertice per mettere in chiaro una cosa: niente sgambetti, perché ne andrà della tenuta del governo. La questione sulla giustizia (tema caldeggiato dall'Ue, e in ogni caso il governo troverà il modo di porre una toppa all'emendamento Pini al Senato) diventa quasi marginale, o meglio un semplice esempio. Equilibrio delicato - Il problema, infatti, è semplice e più vasto: Monti pretende fedeltà e lealtà dai partiti perché sul piatto ci sono ancora temi caldissimi come la riforma del lavoro. Il Professore sa bene che su certe questioni (ad esempio la giustizia) il grosso della sinistra è assolutamente contrario e schierato con la magistratura. La posizione ufficiale del Pd, Bersani lo ha dimostrato, è quella di aspra critica a Pdl e Lega. Per non parlare dell'Idv, barricadero e quasi insurrezionale. Lo sgambetto al governo di ieri è diventato una porta in faccia alla ex opposizione, che non l'ha presa bene. Rompere i delicatissimi equilibri in parlamento su un tema fondamentale ma, come dire, non all'ordine del giorno di Monti significa tagliare il ramo sul quale sono appollaiati, malgrado loro, i tecnici. Quel "ora non esagerate" che pare aver detto Monti ai tre leader, da burbero papà ai figlioli discoli, esprime al meglio la sensazione di perenne precarietà del governo. Incidente di percorso o cambio di strategia dei politici?