Giorgio oltre i suoi poteri: Evviva Monti. Ora la legge elettorale

Andrea Tempestini

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, contestato a Bologna nel giorno della sua lectio magistralis, punta il dito contro la politica e continua a portare in palmo di mano Mario Monti. Il Capo dello Stato ha spiegato: "Assistiamo certamente da qualche tempo all'appannarsi di determinati moventi dell'impegno politico inteso come effettiva e durevole partecipazione". E ciò avviene "anche per effetto di una perdita di efficacia, persuasività e inclusività del sistema politico, una crisi che chiede riforme". Quindi le parole sul premier: "E' nell'interesse comune che lo sforzo appena intrapreso con significative proiezioni in sede europea continui e si sviluppi in un clima costruttivo". La nascita del governo Monti, ha aggiunto, è frutto del "logoramento della maggioranza di Governo e dell'emergere di un rischio di vero e proprio collasso finanziario pubblico". "Cambiare la legge elottorale" - "Dei partiti, come della poltica - ha proseguito Napolitano -, bisogna avere una visione non demoniaca, ma razionale e realistica. Tra il rifiutare i partiti e il rifiutare la politica, l'estraniarsi con disgusto dalla politica, il passo non è lungo ed è fatale, conduce alla dine della democrazia e quindi della libertà". Quindi una nuova dichiarazione che supera le teoriche competenze dell'inquilino del Colle, che dopo gli elogi a Monti si dimostra sempre più impegnato nel fare politica attiva. Napolitano ha nuovamente invitato le forze politiche e il Parlamento a verificare "la possibilità di definire o di prospettare credibilmente revisioni di norme della seconda parte della Costituzione", dando prova "del loro senso di responsabilità". Un chiaro invito, quello del Capo dello Stato, a mettere mano alla legge elettorale.