Regioni contro i negozi sempre aperti
Cos’hanno in comune Renata Polverini, Enrico Rossi, Roberto Cota e Luca Zaia? Sono tutti autorevoli presidenti di Regione e tutti fieramente contrari alle liberalizzazioni. Siano pure quelle poche briciole rimaste qua e là tra le mille tasse della manovra Monti, come le aperture dei negozi. Dopo aver subito i blitz dei farmacisti, quelle dei tassisti ed, infine, quelle degli esercenti, il famigerato articolo 31 del salva Italia, in cui si tentava timidamente di togliere un po’ di vincoli e paletti all’esercizio della libera concorrenza, finisce ora anche sotto il fuoco, ben più potente, dei governatori. Il che significa ricorsi alla Corte Costituzionale, congelamento delle norme e rinvio del tutto a data da destinarsi. Il messaggio è chiaro: con buona pace del governo, che sta lavorando ad un nuovo pacchetto di riforme, togliamoci definitivamente dalla testa che in Italia si possano approvare norme sulle liberalizzazioni. Centrodestra, centrosinistra o tecnici, il discorso cambia poco. Il fronte locale che si oppone all’orario libero per gli esercizi commerciali è assolutamente bipartisan. Il presidente della rossa Toscana, Enrico Rossi, aveva già annunciato lunedì l’intenzione di rivolgersi alla Consulta. Ieri, su Facebook, ha precisato che «liberalizzazioni non deve voler dire senza regole. Né si può pensare di combattere la crisi con lo shopping. Per questo presenteremo ricorso contro il provvedimento del governo che stabilisce aperture no stop per negozi, centri commerciali, bar e ristoranti: h24 per 365 giorni l’anno». Chiarissimo. Così come non ci sono dubbi sulla posizione dei leghisti Cota e Zaia. Il primo, alla guida del Piemonte, ha spiegato senza mezzi termini che «l'apertura indiscriminata, praticamente senza regole non porta benefici per i consumi e, in compenso, causa grossissimi problemi ai piccoli esercizi già duramente provati». In ogni caso, ha aggiunto, «valutazioni del genere devono essere fatte sul territorio». Di qui il ricorso, certo e sicuro, alla Consulta. La posizione della Regione Veneto è stata invece illustrata dall’assessore al Commercio, Isi Coppola, che senza giri di parole ha annunciato: «Lo Stato ha deciso di entrare a gamba tesa e noi faremo ricorso alla Corte Costituzionale». Più cauta appare ancora la Polverini, eletta con i voti del centrodestra. Anche se la decisione sembra presa. Anche la presidente del Lazio ha parlato di «invasione di campo da parte del governo», pur sottolineando che prima di impugnare il provvedimento vuole «sentire gli altri operatori», oltre a Confesercenti, e i presidenti di altre regioni. Per ora l’unico intenzionato a non opporsi sembra Roberto Formigoni. «Da un punto di vista giuridico», ha detto l’assessore al Commercio, Stefano Maullu, «riguarda la concorrenza, che è ambito statale, e non il commercio, tema di competenza regionale». Anche volendo, dunque, niente ricorso. di Sandro Iacometti