Il patto europeo su chi mette i soldi per salvare l'euro

Lucia Esposito

Un finanziamento della Banca centrale europea tramite il Fondo monetario internazionale per aiutare Italia e Spagna. Questa è l’ipotesi allo studio da parte dei ministri finanziari europei per erogare denaro ai Paesi in difficoltà senza violare il divieto di Francoforte di finanziare in via diretta i governi.  Secondo il suo statuto, infatti, la Bce non può prestare denaro agli Stati. Ma usare come tramite il Fondo monetario, che tra le sue funzioni ha proprio quella di prestare soldi agli Stati, potrebbe essere un efficace escamotage per aggirare l’ostacolo.  Nonostante nella serata di ieri il Fondo monetario abbia smentito questa possibilità, della questione si stanno occupando in queste ore i ministri delle finanze riuniti a Bruxelles per l’eurogruppo ma soprattutto per l’Ecofin. Tra di loro, naturalmente, ci saranno anche Mario Monti e il suo vice all’Economia, Vittorio Grilli, giunti proprio ieri al Parlamento europeo. E un appello al coinvolgimento della Bce tramite il Fondo monetario arriva dai ministri finanziari di Lussemburgo, Belgio e Olanda. Soprattutto il lussemburghese Luc Frieden spinge in tal senso perché reputa «insufficienti le misure che l’Europa finora ha preso nei confronti dei Paesi in difficoltà, come è accaduto nel caso della Grecia». Ieri sera, però, è giunta una secca smentita da parte del Fmi, secondo cui «non c’è alcuna trattativa con Italia o Spagna per un possibile finanziamento». Il presidente del Consiglio, intanto, in questa due giorni europea illustrerà di nuovo le misure anti crisi che intende varare per ottenere la piena fiducia delle istituzioni continentali. Ieri, nonostante lo stallo della Borsa e dello Spread, una boccata d’ossigeno per il nostro Paese è arrivata dall’asta dei Btp che, secondo Bankitalia, ha registrato «una buona domanda consentendo di collocare il massimo dell’importo» sui titoli da 3 a 10 anni. Monti si è detto fiducioso del rapporto che il commissario Olli Rehn farà sulla situazione italiana. Del resto le mosse del premier stanno andando proprio nella direzione di muoversi di comune accordo con l’Europa sulle misure da prendere. I 20 miliardi di manovra annunciati, comprensivi di delega fiscale di 4 miliardi, sarà propedeutica al raggiungimento del pareggio di bilancio previsto per il 2013. Insomma, l’Europa ci chiede di agire in fretta. E il presidente del consiglio ha rassicurato i colleghi europei: ai primi di dicembre il governo varerà misure che permetteranno di iniziare la riduzione del debito, ma anche stimolare la crescita. In questo quadro, oltre alla riforma previdenziale, si innesta anche il taglio ai privilegi, come l’abolizione dei vitalizi per gli ex parlamentari a partire dalla prossima legislatura e lo slittamento di circa duecento vitalizi per ex deputati e senatori, che ne avrebbero avuto diritto il prossimo anno. Ma ieri Monti ha ricevuto i complimenti dai colleghi europei anche per la qualità della sua squadra di governo, compresi i vice ministri e i sottosegretari nominati lunedì sera. Nomine su cui il premier è tornato ieri durante il giuramento al Quirinale, affermando che il nuovo esecutivo «sarà assolutamente trasparente, senza problemi di conflitti di interesse». «Se faremo un buon lavoro aiuteremo l’Italia a uscire da un momento difficile», ha detto Monti, spiegando di aver impiegato «più tempo del consueto» nella scelta dei sottosegretari anche per via dei continui contatti con l’Europa per mettere a punto una manovra che consenta di frenare la crisi. Ma ieri il presidente del Consiglio avrebbe ricevuto anche una telefonata a sorpresa. Secondo alcune fonti, sul cellulare personale del premier si è prima annunciata la segreteria del Papa e subito dopo c’è stato il colloquio diretto con Benedetto XVI. Una conversazione durata diversi minuti in cui il Santo Padre ha chiesto informazioni precise su come stesse evolvendo la situazione politica e sulle differenze rispetto al precedente esecutivo tecnico guidato nel 1995 da Lamberto Dini. Alla fine il Pontefice ha incoraggiato in maniera decisa il presidente del Consiglio ad andare avanti. Una sorta di benedizione che all’ex presidente della Bocconi, cattolico praticante, ha fatto molto piacere. di Gianluca Roselli