Onorevoli presenzialisti per forza: in coda per non perdere la diaria
In tempi di crisi anche un parere sulla linea “Nuova Blindo Centauro 2” può scatenare l’impensabile: Commissione Difesa al completo, roba che non si vedeva da anni. In realtà, gli onorevoli membri non erano interessati tanto a dibattere sull’acquisto dei suddetti «mezzi militari prototipali», né a dire la loro sui «quaranta veicoli tattici multiruolo» per equipaggiare gli assetti specialistici del Genio dell’Esercito italiano. Il motivo del pienone, all’ora di pranzo di mercoledì scorso, c’entra poco con le manovre belliche e molto con il portafoglio: il registro presenze. Cinquecento euro in meno di diaria mensile per chi non partecipa all’80% delle sedute e 300 euro in meno per chi salta metà delle convocazioni. Visto che la diaria è già stata ridotta da 4mila euro a 3.503.11, meglio esserci. Per cui, banchetto al centro della sala, sopra il librone delle presenze, come a scuola. E tutti in coda: «Dove si firma?». Alla spicciolata sono arrivati quasi tutti, una quarantina dal Pdl al Pd, dalla Lega all’Idv. Puntuali per segnare nero su bianco che loro quel giorno c’erano, guai a considerarli assenti. In genere, oltre al presidente, Edmondo Cirielli, ai vice, a un nocciolo duro trasversale di presenzialisti appassionati e ligi al dovere, più di cinque e sei non sono mai stati. Soprattutto negli ultimi tempi, dal nuovo governo, con il Parlamento vuoto e i sette minuti in media di Aula al giorno. Una fatica. Però, l’ufficio di presidenza della Camera, guidato da Gianfranco Fini, accogliendo la proposta dei questori, ha stabilito che dal 15 novembre i deputati che non parteciperanno alle commissioni avranno una decurtazione dello stipendio. E mercoledì 23 è stato il primo giorno del nuovo “corso” anti-casta per dare il buon esempio e fare vedere che gli onorevoli assenteisti non la passeranno liscia. Una misura di facciata, come il sistema sempre introdotto da Fini, delle impronte digitali per rilevare le presenze in Aula e mettere un freno ai “pianisti”. Ma il provvedimento del registro può essere aggirato in fretta, perché in assenza di controlli un deputato può mettere la firma e poi svignarsela dopo cinque minuti. E chi è sempre stato presente s’indigna: è un «timbro del cartellino» solo per mostrare agli elettori che la Camera stoppa i privilegi della casta. Il Secolo d’Italia, che per primo ha notato l’episodio paragonando la sede della Commissione Difesa alla sala d’attesa del medico della mutua, cita una Camera-fantasma, con misure che passano per miracoli della nuova era dei tecnici post-berlusconiani, ma che non servono certo ad aumentare la produttività del Parlamento. di Brunella Bolloli