Subito al voto: al Cav conviene

Giulio Bucchi

Le agonie sono sempre terribili. Straziano chi sta per morire e quanti lo assistono, tentando di allontanare il più possibile la fine e renderla meno dolorosa. Accade così non soltanto agli esseri umani, ma anche ai partiti e ai governi. Lo stiamo vedendo in questi giorni disgraziati per il Pdl e per il premier Berlusconi. I sostenitori del Cavaliere sono ancora tanti, come dimostra il referendum fra i lettori di Libero. Ma neppure una valanga di lettere e di fax a favore del premier sarebbe in grado di nascondere la verità.  Questo governo di centrodestra sta morendo. Anzi, è finito, come scrivo da un pezzo. Le sue decisioni per difendere il paese dalla crisi economica e finanziaria risultano  sempre più difficili da prendere e, soprattutto, da attuare. Le fratture interne al Pdl e alla Lega sono all’ordine del giorno e si vedono a occhio nudo. La stessa autorità del presidente del Consiglio è messa in discussione. In tanti ci domandiamo per quanto tempo la maggioranza e la squadra governativa riusciranno ancora a lavorare nell’interesse degli italiani. Alla data di sabato 5 novembre 2011, manca un ultimo atto capace di far saltare del tutto la baracca. Ma il ko decisivo può venire dal verificarsi di tre circostanze. Vediamo la prima. Un peggioramento improvviso e catastrofico della tempesta finanziaria costringe Berlusconi a gettare la spugna e a dimettersi, senza nessuna intenzione di formare un altro governo. Tuttavia è un’ipotesi così nera che nessuno dovrebbe augurarsi mai, neppure le opposizioni più fanatizzate e irresponsabili.   La seconda ipotetica circostanza vede Berlusconi arrendersi alle difficoltà politiche, anche interne al suo partito, una trama che rischia di soffocarlo. In questo caso, il premier abbandona Palazzo Chigi senza far crollare tutto. E lascia al presidente Napolitano il compito di decidere per il meglio. Ma pure questa soluzione mi sembra improbabile. Perché non coincide con il carattere battagliero del Cavaliere e con la sua disperata ostinazione a vincere sempre. Anche quando non ce la fa più. La terza circostanza consiste in una sollevazione interna ai gruppi parlamentari del Pdl, in grado di mettere Berlusconi davanti a una rivolta molto estesa. Capace di portare fuori dalla maggioranza un numero importante di deputati e senatori. Tuttavia anche questa è un’ipotesi irreale, almeno per il momento. Le cronache registrano già i distacchi di numerosi parlamentari del Pdl. Ma si tratta di casi ancora limitati. Per di più, sul versante della Lega non si vede nulla. A parte qualche dissidente uscito allo scoperto, come il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Eppure un effetto negativo per il governo questi abbandoni l’hanno già ottenuto. Alla Camera il premier ha perso la maggioranza assoluta, poiché è sceso sotto quota 315 voti, uno in meno dei 316 teorici. Ma il peso di questa flessione, che potrebbe diventare più rilevante, lo si vedrà nel caso di un voto di fiducia a Montecitorio. Soltanto allora sapremo se il centrodestra sarà ancora in grado di sopravvivere. Mi rendo conto di succhiare un chiodo. Ossia di essere come tutti nella palude dell’incertezza. Gli esperti di flussi elettorali, a cominciare dal più bravo, il professor Roberto D’Alimonte, editorialista del Sole 24 Ore, disegnano schemi avvincenti a proposito dei governi alternativi a quello in carica. Però loro stessi ammettono che qualunque variabile è soggetta alle decisioni e all’atteggiamento di Berlusconi. Dunque bisogna domandarsi quali sarebbero le intenzioni del Cavaliere nel caso si rendesse conto di non essere più all’altezza di guidare il governo. Silvio ha già detto: o io oppure il ritorno alle urne. Ma una risposta più completa ce la offre Il Foglio, guidato da Giuliano Ferrara. Un giornalista dalle idee sempre chiare, ritenuto il consigliere più autorevole di Berlusconi. Ferrara non ha dubbi: per non farsi rosolare a fuoco lento, il Cav lasci perdere le illusioni di durare sino al 2013 e cerchi di ottenere elezioni anticipate. Il titolo d’apertura del Foglio di venerdì 4 novembre gridava: «Le elezioni subito, naturalmente. Berlusconi non regge più, ma con queste opposizioni un altro governo adesso non è possibile». Nell’articolo di fondo, Ferrara scriveva: per Berlusconi «non c’è alternativa. Deve chiedere le elezioni prima di cadere malamente, deve spiegarsi e affrontare ogni contraddittorio possibile. Deve agitare l’atto mancato, il decreto Europa, come una bandiera. Deve fare liste a prova di bomba, cacciare via i malmostosi inutili e reimbarcare quelli utili. Cercare alleanze nordiste serie. E allargare il fronte anche ai dissidenti di oggi. Poi deve battersi». Il giorno successivo, ieri sabato 5 novembre, Ferrara è ritornato a spiegare che soltanto le elezioni immediate possono sottrarre Silvio al destino di diventare un perdente senza futuro. E un politico tutto l’opposto del Cavaliere sceso in campo nel 1994, vittorioso in più elezioni, reso fortissimo dal voto trionfale del 2008. Il direttore del Foglio lo descrive così: «Berlusconi è in carica, ma è l’ombra di se stesso. Nei suoi occhi e nel suo sorriso immortale si legge ormai la malinconia del capro espiatorio… Una folla pletorica di successori presunti si affolla attorno al capo perché faccia largo, faccia strada, si butti di sotto».  Ma il voto anticipato può incontrare più ostacoli. Il primo è il presidente della Repubblica. Il capo dello Stato vorrà constatare se esiste la possibilità di mettere in sella un governo diverso da quello che ha tirato le cuoia. E non credo che per ottenere il suo via libera alle urne possa valere il consiglio spiccio che Ferrara offre a Berlusconi: «Dire che per quanto lo riguarda la rielezione di Napolitano è cosa fatta». Il secondo ostacolo è il rifiuto di molti parlamentari che sono alla prima nomina. In caso di elezioni anticipate rispetto al 2013, conclusione ufficiale della legislatura, perderebbero il diritto al vitalizio. Ma è un problema personale e abbastanza meschino, che non conta nulla rispetto alla crisi generale del paese. Però  il mondo, non solo in Italia, gira così. Esiste infine un terzo ostacolo al voto anticipato. Sta emergendo nel Pdl la convinzione che votare adesso o all’inizio del 2012 avrebbe un solo risultato: la sconfitta disastrosa dell’intero centrodestra. Secondo Francesco Verderami, del Corriere della sera, questo è il timore di Franco Frattini, il ministro degli Esteri, e di altri big del partito. Resta una domanda. Il ricorso al voto anticipato darebbe al nostro paese un vantaggio o no rispetto al disastro della crisi globale? Sembra che, in Spagna, l’annuncio del premier socialista Zapatero che lì si andrà presto alle urne abbia giovato e molto. Andrebbe così anche per l’Italia? Nessuno lo sa. Per questo dobbiamo aspettarci giorni molto difficili. Tutto è in gioco: la tenuta dello Stato repubblicano, la solidità del sistema politico, la pace sociale, il nostro stesso futuro. di Giampaolo Pansa