Censurata la base in rivolta
Una sezione commissariata (quella di Induno Olona, dove è iscritto il sindaco di Varese e maroniano doc Attilio Fontana), parecchie telefonate a RadioPadania troncate dai conduttori («oggi parliamo solo di grandi temi»), alcuni segretari che meditano le dimissioni e la diffusione di una circolare che ricorda l’incompatibilità tra la tessera lumbard e Terra Insubre, associazione di cui è stato presidente il neoeletto nel direttivo Enrico Baroffio. Il tutto mentre un leghista della prima ora come Francesco Speroni, eurodeputato, attacca il sindaco di Verona Flavio Tosi: «Non è in linea con la Lega». È un risveglio agitatissimo quello del Carroccio, a 24 ore dal burrascoso congresso provinciale di Varese andato in scena domenica e che ha individuato - tra fischi e proteste veementi - il nuovo leader locale. Si tratta di Maurilio Canton, così come chiesto da Umberto Bossi. Nella notte, uno striscione è stato appeso davanti alla sede: “Canton segretario di nessuno”. A rimuoverlo è stato proprio l’interessato ieri mattina, che poi ha minimizzato e ribadito di non voler tagliare teste. Però non ha fatto in tempo a mettere piede nel nuovo ufficio, Canton, che sul tavolo s’è ritrovato la lettera di dimissioni di Alberto Minazzi, segretario cittadino di Induno Olona, che ha lasciato l’incarico dopo quanto successo durante l’assise. Al suo posto ecco Arianna Miotti, gradita al capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. Canton ha quindi spedito a tutte le sedi un fax per ricordare l’incompatibilità con Terra Insubre, a cui fanno riferimento parecchi maroniani e il già citato Baroffio, senza allegare alcuna lettera di accompagnamento. Poi sono stati ribaditi i paletti da rispettare per le interviste: per discutere di temi nazionali, ha deciso Bossi, sarà necessario il via libera dei vertici. Un modo per mettere il bavaglio a sindaci come Tosi o il varesino Fontana. La base ribolle. Ed è furibondo lo scambio d’accuse tra le anime dei lumbard. Da una parte il cosiddetto cerchio magico che fa riferimento alla famiglia del Senatur, tra cui Reguzzoni: i suoi fedelissimi hanno accolto Bossi al congresso - celebrato in un albergo della città - con uno striscione di benvenuto. Dall’altra parte, militanti in ordine sparso e che per semplicità possono essere definiti “maroniani”. Col passare delle ore emergono altri dettagli sull’assise. Il segretario provinciale uscente, Stefano Candiani, maroniano doc, non ha avuto diritto di parola e per questo ha litigato sul palco col vicepresidente del Pirellone Andrea Gibelli che dirigeva i lavori. Proprio Gibelli è stato accusato da più parti di non aver messo ai voti la scelta di Canton, mentre alcuni delegati s’erano portati dietro addirittura qualche fischietto. Un clima da stadio dove Gibelli - e addirittura il Senatur - sono stati visti con gli occhi lucidi, mentre il leader lombardo Giancarlo Giorgetti, maroniano, subisce le critiche di chi gli imputa d’essersi defilato per evitare la battaglia. Poi ci sono le registrazioni. Si racconta che alcuni delegati avessero cellulari per catturare chiacchierate private tra colonnelli (l’osservato speciale sarebbe stato Maroni) e girarle al Senatur. Quindi il servizio d’ordine. Alcuni accusano: «Ci scortavano pure al cesso per timore parlassimo coi giornalisti», i quali erano tenuti lontano visto che l’assise era a porte chiuse. Maroni ha provato a convincere Gibelli: «Fai votare i delegati», dopo che l’ordine dei lavori era stato stravolto. Prima la scelta del direttivo (finito 6 a 3 per i cosiddetti maroniani), poi l’intervento di Bossi e quindi la proclamazione di Canton. Tutto inutile. «Per il bene della Lega, dichiaro Maurilio Canton segretario...» urla Gibelli nel caos generale. Umberto era arrivato quasi all’inizio dell’assise ma è stato fuori dalla sala, forse ascoltando alcuni interventi che criticavano la linea politica. Il leader è entrato per togliersi alcuni sassolini dalle scarpe, accusare la gestione Candiani e difendere a spada tratta i figli, a suo dire penalizzati per colpa di un cognome così pesante. I pargoli sarebbero boicottati dagli stessi leghisti, che secondo Umberto ne ostacolerebbero il tesseramento. «Spero votiate Canton» ha poi concluso. A quel punto Gibelli ha decretato la fine dei giochi, tra boati da stadio che pretendevano lo stesso un voto (alcuni volevano scrivere “Bossi” sulla scheda) e Umberto guadagnava l’uscita. Alcuni delegati sono quasi venuti alle mani. «Sono stati alcuni fascisti» ha detto il Senatur per spiegare le polemiche, mentre nella sala esplodevano i cori “libertà libertà” e la maggioranza dei presenti si preparava a uscire per isolare Canton e i suoi seguaci. Nelle stesse ore, a Padova, Flavio Tosi e il leader della Liga Veneta Giampaolo Gobbo litigavano di brutto, senza che ci fossero conseguenze immediate come il previsto commissariamento della provincia scaligera, saldamente in mano ai maroniani. Ieri, col fumo della battaglia ancora visibile, la base continuava a ribollire. In via Bellerio è arrivato Giulio Tremonti, seguito a ruota da Renzo Bossi a bordo del suo nuovo suv Bmw. RadioPadania è presa d’assalto: «A noi interessa discutere sulle idee, non sulle beghe di condominio» taglia corto il conduttore Roberto Ortelli. «Male che vada vi taglio...». E così succede. Ovviamente, per il bene della Lega. di Matteo Pandini