La 'moral suasion' di Napolitano

Andrea Tempestini

Anche questa volta è stato un dialogo tra sordi. Un confronto, per dirla con chi è vicino al presidente della Repubblica, tra la «visione ottimistica» del presidente del Consiglio e quella ogni giorno più «preoccupata» del presidente della Repubblica. È stato il premier a chiedere un incontro con Giorgio Napolitano. Ufficialmente per illustrare il decreto per lo sviluppo, che arriverà in consiglio dei ministri la prossima settimana. E per fare il punto sul successore di Mario Draghi al vertice della Banca d’Italia, dopo aver incontrato alcuni giorni fa Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Palazzo Koch e in pole position per l’incarico. Ma c’è anche un’altra ragione dietro la mossa di Berlusconi: battere un colpo dopo le consultazioni informali che il presidente della Repubblica ha fatto nei giorni scorsi, incontrando uno dopo l’altro i principali esponenti di maggioranza e di opposizione. L’incontro è iniziato alle 19 ed è durato poco più di un’ora. Berlusconi, come sempre, si è mostrato fiducioso rispetto alla situazione economica e politica. «Andremo avanti fino al 2013», ha assicurato. Ha ribadito che la sua maggioranza «è solida», che la Lega non creerà problemi al governo, che il voto di oggi su Milanese non creerà alcuna scossa. Si è detto ottimista anche rispetto ai mercati. «La risposta è buona». E si è lamentato delle procure che lo vogliono far fuori, servendosi di intercettazioni a suo dire illegali.  Tutt’altra la visione di Napolitano, il quale ha ribadito le sue preoccupazioni per la situazione economica e dei mercati finanziari. Proprio mentre avveniva il colloquio è arrivata la notizia che Standard and Poor’s aveva tagliato il rating di ben 7 banche italiane. Napolitano è tornato a chiedere misure per il rilancio e la crescita, da approvare con il massimo grado di condivisione e un largo accordo tra le forze parlamentari. Ha espresso timori per le «tensioni» che ci sono nel Paese e che potrebbero aumentare se la situazione non migliora. Oltre non si è spinto. Nessun riferimento, naturalmente, al futuro del governo e della legislatura. La linea del presidente resta quella di sempre: finché c’è una maggioranza, non esistono altre ipotesi. Questo non significa che Napolitano non abbia dubbi sulla capacità di questa maggioranza di andare avanti e soprattutto di fare quelle scelte che ritiene indispensabili. Tra l’altro la prossima settimana Pdl e Lega dovranno misurarsi con un’altra prova non da poco, dopo il voto di oggi su Milanese: il Parlamento voterà la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafioso. Una nomina su cui Napolitano aveva pubblicamente espresso molte riserve. Sui magistrati, il presidente non ha fatto alcun commento. Si è parlato, invece, della successione al vertice della Banca d’Italia, anche se Berlusconi non ha fatto alcun nome preciso. Dal Quirinale si precisa che «le procedure sono state avviate» e che «il presidente si riserva di esercitare le sue prerogative». Una formula per mettere in chiaro che la scelta è nella mani del governo. Napolitano, si spiega, firmerà il decreto, una volta che verrà vagliato dal consiglio superiore di Bankitalia. Chi si aspettava dimissioni del premier o strappi da parte del presidente della Repubblica, è deluso. Gli strappi, se ci saranno, dovranno arrivare da altri Palazzi.   di Elisa Calessi