Sesta versione del testo: più di un'ipotesi

Costanza Signorelli

I conti sembrano impazziti. Silvio Berlusconi ha vinto il suo braccio di ferro con Giulio Tremonti e così l’aliquota Iva ordinaria salirà dal 20 al 21 per cento fino a quando non sarà raggiunto il pareggio di bilancio: nelle speranze il 2013, forse il 2014. L’aumento Iva a sorpresa  non andrà ad alleggerire altre parti della manovra, ma si aggiungerà. Come si aggiungerà il nuovo brodino immaginato sulla riduzione dei costi previdenziali: la marcia di avvicinamento delle pensioni delle donne a quelle degli uomini nel settore privato inizierà nel 2014 invece che nel 2016 come era scritto nella manovra. Non solo: torna perfino il contributo di solidarietà, sia pure in forma ridotta: sarà del 3% netto (senza deducibilità) sui redditi superiori ai 300 mila euro annui. Particolare grottesco - Questa misura è già stata approvata dal consiglio dei ministri ieri sera e sarà contenuta nell’emendamento alla finanziaria su cui sarà posta la questione di fiducia. Un particolare quasi grottesco: il consiglio dei ministri è stato preceduto da un vertice di maggioranza a palazzo Grazioli al termine del quale è stato diramato un comunicato della presidenza del Consiglio dei ministri dove si annunciavano tutte le misure, compreso il contributo di solidarietà del 3% sui redditi sopra i 500mila euro. Mentre circolavano già relazioni tecniche e indicazioni sulla platea dei contribuenti interessata (11 mila) come sulle entrate ottenibili (35 milioni di euro nel 2012 e 88 dall’anno successivo), il contributo di solidarietà è stato nuovamente modificato e la soglia abbassata a 300mila euro. Ieri pomeriggio quindi abbiamo avuto il testo della manovra quater, e dopo le otto di sera quello della manovra quinquies. C’è dunque ancora più confusione sulle misure prese. Una cosa è certa: le modifiche sono la risposta obbligata ai rilievi del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al pressing della Germania che vorrebbe fermare gli acquisti di Btp da parte della Bce e alle nuove turbolenze dei mercati finanziari. Per la quarta e la quinta volta però il governo ha preferito comunque tornare a inserire nuove tasse piuttosto che tagliare spese e sprechi da tempo individuati. Non è noto se la scelta sia dovuta alle barricate innalzate durante il vertice di maggioranza dalla Lega, o se questa volta non ci sia stato nemmeno bisogno di barricate. Certo è che il nuovo pacchetto emendato che emenda la finanziaria già piena di cerotti con un passo avanti e uno indietro, difficilmente potrà essere un messaggio rassicurante per i mercati. È vero che con l’Iva entrano in tre anni 12 miliardi di più e che con il contributo di solidarietà e la marcetta accelerata alle pensioni delle donne qualche altro centinaio di milioni di euro porteranno in cassa. Obiettivo pareggio - Il pareggio di bilancio potrebbe anche essere centrato, nonostante qualche timore sull’effetto recessivo dell’innalzamento dell’Iva. Ma così si sarebbe fatto ben poco per il risanamento. Perché il problema italiano resta il debito pubblico, troppo grande e troppo esposto alla speculazione ( e quindi difficile da difendere). Mancano del tutto misure per la sua riduzione. C’è qualche ventilato taglio agli sprechi: il governo ha annunciato un prossimo consiglio dei ministri per approvare due disegni di legge costituzionale che aboliranno le province e dimezzeranno i parlamentari. Cose giuste e sacrosante, che però non porteranno beneficio finanziario se non dopo anni. Pensioni, sanità e pubblico impiego restano lì irrisolti. Riduzione del debito attraverso la cessione del patrimonio non se ne vede. In più c’è la sgradevole sensazione di provvedimenti ondivaghi, dettati dall’emozione del momento: è il terreno preferito dalla speculazione. Basta un tiro con la fionda sui mercati e il governo italiano cambia la sua manovra perfino rinunciando a conclamati credo. Niente tasse, via il contributo. E il contributo torna. Il ministro dell’Economia che giura niente Iva, e spiega professoralmente pure i motivi del niet, salvo poi alzare l’Iva. Basta agitare la fionda e si ottiene tutto, perché questa legge finanziaria ormai è una banderuola. Giorni decisivi - I prossimi giorni diranno se l’osso gettato in pasto alla speculazione ne avrà soddisfatto l’appetito. Se non è così, saranno guai davvero grossi. Perché questa settimana i tedeschi sapranno se è legittimo o no (lo hanno chiesto) l’intervento di acquisto dei Btp italiani e dei titoli spagnoli da parte della Bce. E con il tempo che passa si avvicina il momento in cui alla guida della Banca centrale europea arriverà Mario Draghi. Un italiano. Dovremmo gioirne. E invece sarà un ostacolo in più. Con tutti gli occhi puntati addosso e le polemiche pronte a scoppiare quell’italiano potrà fare ancora meno di quel che si fa oggi per l’Italia. Accendiamo un cero, che è l’unica. O forse, più realisticamente, prepariamoci alla sesta o alla settima versione della manovra. E finalmente a prendere il toro per le corna, con interventi seri su pensioni di anzianità, sanità, pubblico impiego e dismissioni del patrimonio pubblico a tutti i livelli. di Franco Bechis