Dura la vita dei Senatori: 62 giorni di lavoro in 8 mesi
Possiamo cominciare con un aggettivo? Ma sì, alcune volte si può. Altre volte si deve: sfacciati. Va anche bene spudorati, senza vergogna, privi di misura e di ritegno. Lo avrete già capito: parliamo dei rappresentanti della casta. Nel caso specifico, i senatori della Repubblica italiana. On. sen.: rappresentanti del popolo, gente seria, coscienziosa, mica bamboccioni. Andiamo subito al dunque. I nostri senatori, dall’inizio dell’anno e fino al 31 agosto, sono riusciti a battere un nuovo e incredibile record di fannullaggine: stando ai numeri pubblicati dal settimanale l’Espresso e freschi di stampa, hanno lavorato per 62 giorni effettivi. Sessantadue in otto mesi. Più o meno una settimana al mese. Cosa abbiano fatto nelle rimanenti tre settimane naturalmente nessuno lo sa. Presumiamo che si siano riposati dopo l’enorme fatica accumulata a Palazzo Madama. Dopo sette giorni si riposò persino il Signore, figuriamoci se non possono riposarsi, per una ventina di giorni, anche i signori senatori. Il dato, spiega il settimanale, è stato ottenuto trasformando le 498 ore di sedute di Aula (298 sedute) e delle Commissioni (200) in giornate lavorative di 8 ore. Una semplice divisione. E, oplà, ecco il numero delle meraviglie. Uno Stachanov del riposo forzato non avrebbe saputo fare di meglio. A fronte di questo gravoso impegno, i senatori, quelli che pranzavano al ristorante di Palazzo Madama con quattro centesimi quattro poi in fretta e furia diventati otto sotto l’incalzare dell’indignazione popolare, hanno riscosso 118.288 euro fra indennità e compensi vari. Significa che hanno guadagnato 1.907 euro al giorno. Lo stipendio netto di un italiano (fonte Istat, anno 2010) in media non supera i 1.300 euro al mese. Le donne, sempre mediamente, guadagnano il 20 per cento in meno degli uomini. Se si è all’inizio della carriera, gli euro mensili sono 900, che diventano 1.000 dopo 3-5 anni di carriera e infine 1.300 dopo venti anni di attività. I senatori, questi soldi, se li mettono in tasca in mezza giornata, anche se hanno appena varcato la soglia di Palazzo Madama e senza differenza fra uomini e donne. Da sottolineare: mentre gli on. sen. (bontà loro) nei faticosi otto mesi di inizio anno riuscivano a lavorare per 62 giorni, un normale italiano accumulava 160 giorni di lavoro. Quasi tre volte di più. Ovvia la considerazione: non conta la quantità ma la qualità del lavoro. Vecchio e stantio ritornello. La quantità l’abbiamo vista. La qualità è sotto gli occhi di tutti. Ognuno può commentare a proprio piacimento, magari ricordandosi anche che questo è stato un anno del tutto particolare, la crisi, lo spread, la Bce che incalzava il governo, le manovre a ripetizione e i parlamentari costretti a ridurre le ferie. Poveracci, avranno lavorato due o tre ore in più del preventivato. Ma si sa: quando si rappresenta il popolo, bisogna dare il buon esempio. Lavoratori, tiè. Siete indignati? Vorreste mandarli a quel paese? Un attimo, frenatevi e sentite quest’altra. Ricordate? Dopo le ferie e al rientro al lavoro (si fa per dire), i parlamentari trovarono una sgradita sorpresa. Nella manovra in quei giorni in discussione (non sappiamo quale versione della manovra, una delle tre o quattro), era previsto un taglio alle indennità: penalizzazione del 50 per cento per gli eletti con doppio lavoro, se il secondo reddito arrivava al 15 dell’indennità. Possibile che gente che lavora tanto dovesse rimetterci pure lo stipendio? E che cavolo: 62 giorni in otto mesi, sette o otto giorni in un mese, una faticaccia da morire e pure il taglio? E infatti la decurtazione fu subito addolcita e resa più equa, commisurata al superlavoro: 20 per cento per la parte eccedente i 90 mila euro e 40 per cento sopra i 150 mila euro. Solo per chi fa il doppio lavoro, quello che spesso nelle comuni aziende è vietato. Ieri, la Lega ha proposto di tornare alla formulazione originaria e si è impegnata a presentare, alla Camera, un apposito emendamento. Cinque minuti di gloria per la Lega. Il Carroccio sì che fa sul serio, il Carroccio sì che taglia i costi dei politici. Poi il Carroccio deve essersi ricordato che la manovra è blindata, che c’è la fiducia e che l’emendamento era inutile. E ha detto che lo avrebbe ritirato. Poi ha cambiato idea: niente ritiro. Poi non sappiamo: abbiamo perso il conto. Dietrofront a ripetizione. Cinque minuti di vergogna per la Lega. Sembra la storia delle Province: scompaiono, ricompaiono, scompaiono di nuovo e di nuovo ricompaiono sotto mentite spoglie. Immortali, come i benefit, i vitalizi e le prebende dei nostri parlamentari, che sono tanti e lavorano tanto. Facendo anche non pochi danni. Tutti ben pagati. Dimenticavamo di aggiungere: nella Smorfia napoletana, il numero 62 indica, fra l’altro, la vacanza. Per meglio dire: godersi una vacanza. Indica anche il cappello. Tanto di cappello, eccellentissimi onorevoli senatori della Repubblica italiana ridotta con le pezze sul sedere. E buona vacanza a Palazzo Madama. di Mattias Mainiero