Schlein, la sindrome di Calimero: perché tace su Prodi

di Massimo Santivomartedì 25 marzo 2025
Schlein, la sindrome di Calimero: perché tace su Prodi
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È la sindrome di Calimero variante Schlein: auto-vittimismo sessista all’ennesima potenza se si riceve la minima critica politica, censura totale se una donna di destra viene intimidita da un uomo di sinistra. È il magico mondo di Elly, ciarliera quando c’è da incolpare il fantomatico maschilismo imperante e silente quando c’è da mostrare solidarietà femminile a chi non sta dalla stessa parte della sua barricata.

«In queste settimane ho criticato le proposte di Rearm Eu e sapete quale dibattito ne è scaturito. Abbiamo riaffermato la nostra posizione in Parlamento: sì alla difesa comune e no al riarmo di 27 Stati che sono due cose diverse. Quando in questi giorni abbiamo sentito alcune parziali corrispondenze da parte di autorevoli figure maschili non è stata la stessa cosa», ha detto la segretaria, intervenendo alla presentazione del libro di Cecilia D’Elia (“Chi ha paura delle donne”) all’Auditorium di Roma. E ancora: «Ci sono cose che mi dicono che a colleghi uomini di 20 anni più grandi non si sarebbero mai sognati di dire». Tradotto: contestano ciò che dico e faccio solo perché sono donna e giovane. Non lo sfiora nemmeno il pensiero che qualcuno possa non essere d’accordo con lei nel merito delle questioni. Il più classico dei vittismi in salsa rosa.

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Ma fingiamo, anche solo per qualche secondo, che Elly Schlein abbia ragione: chi ne mette in discussione le idee, tra l’altro anche all’interno del suo schieramento (pure Romano Prodi, giusto per citare il protagonista delle ultime ore), è semplicemente mosso da sessismo.

Bene, e allora perché non spendere nemmeno una parola sulla maleducata risposta di Prodi all’inviata di Quarta Repubblica, colpevole di avergli posto una domanda sul Manifesto di Ventotene? Perché non tacciare di machismo - termine molto in voga a sinistra- l’ex premier che si è financo permesso di allungare una mano sulla spalla della giornalista («mi ha tirato i capelli», ha detto la diretta interessata)?

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Perché non azionare la macchina femminista specializzata nel tiro al bersaglio del maschio bianco che tratta con sufficienza la donna? Fin troppo semplice: la sindrome di Calimero variante Schlein, tra i suoi sintomi, non contempla quello della solidarietà a chi non è di sinistra. Non tutte sono uguali. Peggio: non tutte possono essere considerate vittime allo stesso modo. La guerra al maschilismo in salsa Elly funziona a corrente alternata.

Sempre durante la sua domenica romana, la segretaria del Pd ha trovato il gancio per attaccare Giorgia Meloni, più volte accusata di essere vittimista («anche oggi Giorgia Meloni ci regala la sua dose di vittimismo quotidiano: ormai fa solo questo, vittimismo a oltranza e disastri quotidiani», diceva a ottobre): «Va fatta una grande operazione verità: le politiche della prima dona presidente del Consiglio vanno contro le donne. Non si possono scrivere politiche migliori con un occhio chiuso, quello delle donne. Quando Meloni ha rivendicato di aver rotto il tetto cristallo, quel tetto non lo rompi con un unico punto di pressione ma tutte insieme».

Piccola postilla: nella galassia fatata di Elly esistono due Romano Prodi. Quello sessista, che in un’intervista al Corriere spiega che «il governo non è caduto, nonostante lo stato in cui si trova, perché esistono opposizioni ma non un’alternativa di governo», di fatto criticando la giovane donna Schlein; e quello che non merita reprimenda alcuna per l’aggressione verbale e la mano che si allunga verso la spalla di una giornalista non allineata al pensiero progressista. Coerenza, questa sconosciuta.