
Ventotene, dopo le parole della Meloni tra Schlein e Conte finisce male: cosa è successo in aula

Le opposizioni? Unite nello sdegno per le parole di Giorgia Meloni sul Manifesto di Veltotene e nella sceneggiata a Montecitorio, con l'aula trasformata in un circo. Ma la verità è che nemmeno sulla protesta i leader di Pd e Movimento 5 Stelle riescono ad andare d'accordo. "Elly Schlein passeggia nervosamente nel Transatlantico e poi si allontana velocemente. Giuseppe Conte non c’è", è l'attacco del retroscena di Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera. La fotografia perfetta di una sinistra sfaldata. Altro che resistenza al regime fascista. Quella è roba buona solo per la propaganda. La verità è che politicamente dem e pentastellati non riescono nemmeno a parlarsi.
Che la segretaria del Pd e l'ex premier siano "sempre in competizione tra di loro" è cosa nota da mesi. La prima vuole essere la guida di tutto il centrosinistra, il secondo sotto sotto mira ancora al sorpasso e al ritorno a Palazzo Chigi. La diffidenza reciproca, insomma, è lampante e in un certo senso pure ovvia.
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La dimostrazione pratica arriva a sera, dopo una giornata di bagarre, pianti, insulti, pugni sbattuti sui banchi della Camera. "Quando 5 Stelle e Avs chiedono il voto dei testi per parti separate, sperando di attrarre qualche consenso dem, il Pd vota compatto «no» allo stop degli aiuti militari all’Ucraina richiesto dal M5S e dai rossoverdi, anche se approva la condanna di Israele sollecitata sempre dagli stessi due partiti", è il bollettino della Meli.
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Il caso Ventotene monopolizza per ore i pensieri di dem e pentastellati. C'è chi pensa che il suo sia stato un "incidente voluto". Ma intanto, tra i banchi dell'opposizone, appena la premier ha lasciato l'aula per volare a Bruxelles, dove oggi è impegnata in un cruciale Consiglio europeo, "i leader di Pd e M5s alla Camera quasi si ignorano e non si scambiano reciproci applausi durante gli interventi", conclude Meli. Il ritratto di una Caporetto.
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