
Pd, Pina Picierno guida la rivolta contro Elly Schlein: ecco cosa può accadere

Non c’è solo la segretaria. L’iniziativa, anche nel Pd, ha per protagoniste le donne. Ed è una novità in un partito che, al di là delle battaglie di principio, è sempre stato in mano a maschi. Segretari uomini, ministri uomini, uomini nei posti chiave del partito e dei gruppi parlamentari. Le donne al massimo confinate alla Conferenza delle donne. O nominate per gentile concessione di maschi. Il primo cambio di marcia si è avuto con l’elezione di Elly Schlein al vertice del Pd, trainata anche dall’arrivo a Palazzo Chigi di un’altra donna, Giorgia Meloni, il suo doppio perfetto (una simmetria di opposti che fa gioco a entrambe). Ma in questi giorni, questa è la novità, altre donne stanno emergendo nel Pd. E non per nomina altrui. Sicuramente in prima fila c’è Pina Picierno, che in tanti già guardano come una possibile sfidante di Schlein, quando si tornerà a votare.
Europarlamentare e vicepresidente del Parlamento europeo, una donna che, a dispetto della giovane età, fa politica da tanto tempo, avendo iniziato a 16 anni nella complicatissima provincia di Caserta (precisamente è di Teano). È stata lei, a Strasburgo, a battagliare per convincere gli altri europarlamentari dem a votare a favore della risoluzione sul Libro Bianco per la difesa, nonostante l’indicazione della Schlein fosse di astenersi. È stata lei a difendere a viso aperto questa scelta. Ed è ancora lei che, più volte, ha usato parole durissime con il M5S o con esponenti filo-putiniani, da ultimo con Vladimir Solovyev, giornalista putiniano, contestando una sua partecipazione in un programma sulla tv pubblica, ottenendo la cancellazione e beccandosi, poi, gli insulti irriferibili dell’interessato. In un partito in cui tutti usano prudenza ed eufemismi, Picierno è sorprendentemente netta e chiara. Non c’è da stupirsi che si parli di lei come possibile candidato dell’area riformista. Ma non è l’unica donna in prima fila.
Elly Schlein allo sbando: ecco come minaccia il Pd, caos totale a sinistra
Basta guardare l’agenda di domani. In mattinata, prima della manifestazione a sostegno dell’Europa in piazza del Popolo, si terranno a Roma due iniziative promosse da due donne del Pd. La prima è il convegno convocato dalla corrente che fa capo a Paola De Micheli, una delle sfidanti del congresso del Pd. Alle 10,30 all’Unahotels Decò, si svolgerà l’iniziativa dal titolo “Prima le persone: capire il presente per costruire il futuro”, promossa da Rigenerazione democratica per approfondire «una riflessione franca e aperta su imprese e lavoratori». Tra i relatori, sia Elly Schlein, sia l’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, di cui si parla come possibile candidato premier del centrosinistra. Un’ora dopo, alle 11,30, nell’Europa Experience-David Sassoli, a piazza Venezia 6, si vedranno i promotori dell’appello (che ha superato le 5mila adesioni) “Per un’Europa libera e forte”, lanciato da Pina Picierno. Tra gli altri, sono previsti gli interventi di Carlo Calenda, segretario di Azione, Riccardo Magi, segretario di +Europa e Ivan Scalfarotto, responsabile Esteri di Italia Viva. Sui temi della politica estera, un’altra voce coraggiosa è quella di Lia Quartapelle («Un partito», ha detto l’altro giorno, «non può astenersi deve dire con chi sta, deve argomentare, stare con l’opinione pubblica. Una discussione è urgente»). Così come, sui temi del lavoro, si è imposta, a sostegno della linea riformista,
Marianna Madia, già ministro e ora deputato.
In queste ore, comunque, tutti i fari sono puntati su Schein, per capire che forma prenderà il chiarimento annunciato. Ieri sembrava che la voglia di vendetta delle prime ore successive al disastro del voto a Strasburgo si fosse attenuata. Anche perché tutte le energie sono concentrate a evitare che si faccia il bis martedì al Senato, ma soprattutto mercoledì alla Camera, in occasione delle comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo. Il rischio è soprattutto a Montecitorio. Al Senato, infatti, in genere se passa la risoluzione della maggioranza, quelle delle opposizioni decadono. Non così, invece, alla Camera dei deputati, dove si voterà anche sui testi delle opposizioni. Bisognerà capire se il Pd riuscirà a trovare un testo condiviso da tutti o no. «Se vogliono fare la prova d’amore (cioè proporre un testo per testare chi è fedele alla segretaria e chino, n.d.r.)», osserva un esponente della minoranza, «si faranno male». Se, invece, sarà, come sempre, un testo equilibrista, che tiene conto di tutte le posizioni, non ci saranno problemi.
Quanto alle forme che prenderà il “chiarimento politico” richiesto dalla minoranza e condiviso anche dalla segreteria, ancora non si è deciso. La minaccia del congresso, ventilata dalle parti del Nazareno, non sembra spaventare la minoranza. Prima di tutto, si dice, lo Statuto prevede tempi lunghi, almeno sei mesi. Durante i quali la segretaria dovrebbe dimettersi e lasciare il partito a un reggente. Davvero, a due anni dalle elezioni politiche, si ragiona dalle parti della minoranza, Schlein accetterebbe di farlo? Non sarebbe un danno per tutto il Pd, ma anche per lei? E poi per avere cosa? “Ha già tutto il partito con lei, tutti gli organismi dirigenti. Più legittimata di così...”.
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