Parte la battaglia legale

Mimmo Lucano, battaglia legale dopo la condanna: perché può decadere

Tommaso Montesano

Il 19 febbraio scorso Mimmo Lucano si era recato in prefettura, a Reggio Calabria, per capire che aria tirasse. Il giorno prima la seconda sezione penale della Corte di Cassazione aveva trasmesso, via Pec, al Comune di Riace di cui Lucano dal giugno dell’anno scorso è sindaco perla quarta volta – il dispositivo della sentenza con la quale gli “ermellini” il precedente 12 febbraio avevano respinto il suo ricorso in merito alla condanna a un anno e sei mesi di reclusione per falso in atto pubblico. Una semplice trasmissione a “fini di comunicazione” tra la cancelleria del giudice e l’amministrazione locale dell’ultimo “step” del filone giudiziario superstite a carico di Lucano. Quel giorno il “sindaco dei migranti”, l’uomo del “modello Riace”, nonostante la condanna definitiva aveva ostentato noncuranza: «Al momento non c’è nulla. Sono tranquillo per tanti motivi. Se dovesse arrivare un provvedimento di decadenza, lo impugnerò sicuramente insieme ai miei avvocati».

Quel momento è arrivato: ieri la prefettura del capoluogo calabrese ha, di fatto, avviato l’iter per la decadenza di Lucano – che è anche europarlamentare per Avs – dalla carica di sindaco, azionando la leva della “legge Severino” in nome della “incandidabilità”, al momento del voto, del primo cittadino. La prefettura di Reggio Calabria, in pratica, ha trasmesso al Comune di Riace, sotto forma di una nota, l’avviso di sfratto per il sindaco con l’esito di una valutazione effettuata dal ministero dell’Interno in merito all’applicazione della legge che dal 2012 regola i rapporti tra le cariche pubbliche elettive e i condannati per i reati non colposi. Il ministero ha invocato l’articolo della legge che stabilisce l’impossibilità di ricoprire cariche elettive per chi ha riportato una «condanna con sentenza definitiva alla pena delle reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o un pubblico servizio».

 

L’iter che disciplina questa casistica è preciso: ad esprimersi, ed entro dieci giorni, dovrà essere il consiglio comunale di Riace. Sarà l’aula a decidere sulla decadenza di Lucano, visto che la causa di incandidabilità è stata accertata dopo l’elezione. Se il consiglio comunale dovesse rigettare la decadenza, o addirittura non riunirsi, la prefettura potrebbe agire in autonomia con un ricorso al giudice civile davanti al quale, naturalmente, Lucano potrebbe contestare l’avvio della procedura. Proprio quello che il “sindaco dei migranti” intende fare. «Non sono mai scappato davanti alla legge e non lo farò nemmeno questa volta: a scanso di equivoci, non ho alcuna intenzione di mollare. Rivendicherò le mie ragioni in ogni sede». Lucano evoca complotti governativi, altrimenti non si spiega per quale motivo se la prenda con il centrodestra, dove «evidentemente c’è chi pensa che la legge Severino sia una legge giusta solo se riguarda Mimmo Lucano».

Il sindaco di Riace, difeso dall’avvocato Andrea Daqua, è pronto allo scontro legale: «Mi conforta che, secondo i miei legali, la condanna che ho subìto non rientra tra quelle che prevedono la decadenza. Detto questo, ho affrontato sette anni di processo (il riferimento è alla vicenda giudiziaria che l’ha coinvolto dall’ottobre del 2017, ndr) sapendo che potevo rischiarne, da innocente, quasi il doppio in carcere. Affronterò anche questa situazione». Nei giorni scorsi, Lucano aveva espresso l’intenzione di chiedere alla prefettura il reinserimento di Riace nel circuito dell’accoglienza. Quasi che quella condanna confermata dalla Cassazione non esistesse. Da ieri, la priorità è un’altra.