Il caso
Moretti-Gualmini, il Pd minimizza: ma scatta il panico nel partito
Alessandra Moretti chi? Elisabetta Gualmini chi? Semplicemente, due pilastri del Partito Democratico a Bruxelles, eurodeputate rielette. Una già giovane promessa dem, lanciata da Pierluigi Bersani a Roma e ripesa e sponsorizzata da Matteo Renzi come capolista nelle trionfali elezioni del 2014. L’altra ex vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, pescata dalla società civile da Stefano Bonaccini per dar lustro alla ditta. Sia chiaro, il Pd ha emesso un pronto comunicato nel quale esprime «solidarietà unanime» e si dice «convinto dell’assoluta estraneità» delle signore, «persone di spiccata onestà e dedizione al lavoro», allo scandalo Qatargate. Però al contempo è ben felice che le due abbiano fatto un passo indietro e «le ringrazia per la decisione di autosospendersi dal gruppo per evitare strumentalizzazioni».
Polvere sotto il tappeto, la solita tecnica dei dem per uscire vergini da ogni bordello, dopo che la Procura del Belgio ha chiesto per le due donne la revoca dell’immunità parlamentare, che lunedì prossimo con tutta probabilità l’Aula europea, diventata ormai una caienna giustizialista, concederà. Intendiamoci, la vulgata dice che le strane regole di Bruxelles impongono tale procedura anche nei confronti di chi deve comparire davanti ai pm per essere audito seppure da non indagato, e questo sarebbe il caso; per di più, le due protagoniste hanno profili che appaiono decisamente rispettabili. Tuttavia le regole della casa impongono che prima si allontana il più o meno presunto appestato, e poi eventualmente lo si riabilita; perché tutto deve restare, in apparenza, immacolato.
LA LEZIONE DEL CENTRODESTRA
Se il centrodestra vivesse la dimensione europea e i rapporti con le Procure con la stessa ottusità approfittatrice e il medesimo giustizialismo d’accatto del centrosinistra, già si sarebbero levati cori per chiedere a Elly Schlein di venire in Parlamento a riferire sul Qatargate che ha travolto il suo partito e che, in sonno da anni, è rispuntato ieri come un incubo. Perché un nuovo procuratore, una donna, meno discutibile e discusso di quello che aveva avviato un processo che tutti a Bruxelles definiscono «opaco», riprende il filo di un giudizio che già aveva ottenuto le sue condanne? Cosa c’è di nuovo? Per di più, che cosa si aspetta il magistrato di ascoltare da Moretti, colpevole solo di un viaggio a Doha - «ma solo per partecipare a un convegno sull’odio in rete» ha spiegato – e di venire evocata dal suo ex collega, l’europarlamentare ex Pd Antonio Panzeri, reo confesso di corruzione trovato con 600mila euro in contanti in appartamento? E da Gualmini, che aveva schivato le richieste di Francesco Giorgi, assistente di Panzeri e futuro condannato per corruzione, con un liquidatorio «non posso espormi di più ma sarò più aggressiva con il tempo»? Per venirne fuori, stavolta alla segretaria non basterebbe la scusa che adotta sempre, quella dell’io sono arrivata per cambiare perché le cose prima non andavano. Moretti e Gualmini infatti le ha ricandidate lei. Il centrodestra però non azzanna, malgrado lo scandalo Qatargate non l’abbiam mai sfiorato. La linea è quella dei garantisti sempre e con tutti, ed è una discreta lezione al Pd.
I NEOGARANTISTI DEM
Quindi avanti così in casa dem, come se nulla fosse. Le richieste della Procura sono un atto dovuto ancorché sgradito, la sospensione delle parlamentari è un atto dovuto e gradito, le condanne per corruzione che hanno travolto due deputati Pd (oltre a Panzeri c’è anche Andrea Cozzolino), accusati di prendere soldi dal Qatar e dal Marocco, due Paesi extracomunitari, e fare vacanze di lusso a sbafo per influenzare le decisioni del gruppo socialista all’Europarlamento sono uno scheletro da lasciare nell’armadio. Se ne parla solo per minimizzare, e comunque il meno possibile. L’imbarazzo viene travestito da noncuranza. D’un tratto i magistrati belgi diventano, nei racconti bruxellesi degli onorevoli progressisti, discutibili, le nuove indagini sono bollate come la continuazione di un esperimento giudiziario folle. Pare di ascoltare i parlamentari di Forza Italia ai tempi dei processi a Silvio Berlusconi. Curioso contrappasso; eppure, questa vicenda che risorge dalle proprie ceneri qualche risultato l’ha portato. I pm non avevano visto così male come oggi i dem vogliono far credere.