Giovanilismi

Elly Schlein ha nostalgia del liceo e fa il corteo contro gli Usa

Daniele Capezzone

Niente, non ce la fa. Anzi, sia detto senza asprezza: forse non ce la può proprio fare. Elly Schlein rimane sempre lì, incastrata nell’unica dimensione che le è congeniale: quella dell’assemblea studentesca permanente, dell’invettiva senza realismo, del mondo diviso in buoni e cattivi. Senza soluzioni praticabili, senza proposte concrete, senza attitudine di governo, senza realismo, senza pragmatismo. L’assemblea di un liceo occupato, appunto: uno strillo contro il preside, un po’ di buoni sentimenti, tanta vaghezza, niente prospettiva politica.

E così questa settimana i migliori cervelli del progressismo italiano hanno dato vita a un format che a qualcuno dev’esser parso astutissimo. Problema di partenza: Cinquestelle avevano annunciato una manifestazione (vaga e confusa pure quella, ci mancherebbe) che però- par di capire Giuseppe Conte non ha più intenzione di condividere con il Pd, che al massimo a questo punto potrebbe essere destinatario di un invito ad aggregarsi. E allora che si fa? Ecco l’intellettuale d’area (Michele Serra, citofonare Repubblica) che lancia un paio di giorni fa un’altra manifestazione. Tutti avvolti nel bandierone europeo, tutti eurolirici, niente vessilli di partito. Lui stesso - gran paraguru - ammetteva di non sapere bene a cosa potesse servire una piazzata del genere, se non a rasserenare i partecipanti. Sta di fatto che, ventiquattr’ore dopo- ma guarda che sorpresa... - arriva su Repubblica la risposta della segretaria del Pd che accetta l’invito e annuncia l’adesione.

E per risparmiarsi un po’ di fatica, che fa Elly? Ricicla pari pari amplissimi paragrafi della relazione che aveva tenuto due giorni prima in una riunione del suo partito. Il solito temino ginnasiale contro Trump, Musk, Meloni, le destre, e via frignando: qualche cambiamento in testa e in coda e - oplà - la pallosa relazione diventa un’altrettanto pallosa lettera a Rep in salsa eurolirica.

 

A essere pignoli, potremmo contestarla e smontarla punto per punto. Primo: Schlein attacca l’”oligarchia di tecnocapitalisti” che ora stanno intorno a Trump. Ah sì? E quando invece quella cerchia - per anni molto più larga - cantava nel coro con Obama e Biden, andava bene ed erano tutti benefattori dell’umanità? Secondo: Schlein si attesta sulla più trita litania del “ci vuole più Europa”. Ah sì? Ma se la verticalizzazione in capo a Bruxelles non ha funzionato finora, perché dovrebbe magicamente rivelarsi efficace a dosaggi maggiori?

Terzo: Schlein ci infligge la solita lagna sulle destre cattive. Ah sì? E i cittadini dove li mettiamo? Il piccolo problema che sfugge a Elly è che la sinistra e i suoi intellettuali sono drammaticamente sconnessi rispetto ai sentimenti e alle ragioni di settori amplissimi di ceto medio e medio basso. Sono tutti ipnotizzati dalle “destre” o forse è la sinistra che deve riflettere sui propri messaggi?

 

Quarto: Schlein ripropone (per la quarta o quinta volta consecutiva in pochi giorni) la battuta che deve averla entusiasmata sulla Meloni chiamata a “scegliere tra la maglietta dell’Europa e il cappellino di Trump”. Ah sì? E quindi il Pd sta chiedendo al governo di farsi promotore di una rottura transatlantica? Un delirio. Ma in tutta franchezza non vale nemmeno la pena di passare ai raggi X ogni singolo paragrafo della letterina schleiniana. Quel che contadrammaticamente - è il suo senso di fondo, che è sempre lo stesso.

Per un verso, in assenza di proposte politiche da avanzare, la si butta sulla demonizzazione di Trump. Solita minestrina: divisa su tutto, la sinistra si illude di ritrovare uno straccio di unità e di identità sbraitando contro il nemico (Berlusconi, Salvini, Meloni, Trump, Musk, e via fascistizzando e mostrificando). E per altro verso, e qui la propensione adolescenziale diventa pericolosa, si teorizza una divaricazione con gli Stati Uniti che non porterà nulla di buono. Con un elemento paradossale: in epoca obamiana e bideniana, il Pd era sistematicamente accucciato da quella parte. Ora - non si sa bene perché - Washington dovrebbe improvvisamente essere trattata come la capitale dell’impero del Male.

Due giorni fa, davanti al suo partito, Schlein aveva incredibilmente pronunciato queste parole: «Quando torneremo al governo, per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato». Ora uno potrebbe dire: non c’è problema, nel senso che quando il Pd tornerà al governo saranno già passati almeno altri dieci anni, e Trump sarà serenamente alle nostre spalle. Ma, battute a parte, dove si vuole andare se la persona che si candida a capeggiare uno schieramento politico in un paese dell’Occidente avanzato lascia a verbale la sua volontà di non interloquire con l’America e chi la guida?

Ma le nostre sono parole inutili, perché a sinistra non si aprirà alcun dibattito. I “riformisti” del Pd, per titubanza o per paura, continueranno a tacere: ignorando il fatto che Schlein, dopo averli emarginati, li azzererà del tutto. La stampa progressista si limita a fare il coro a favore di Elly, praticamente senza eccezioni. E allora sfileranno tutti con le bandierine colorate, grideranno slogan eurolirici, e resteranno irrilevanti. Come e più di adesso.