Il disegno di legge
Energia pulita, sicura e a basso costo: il governo rilancia l'atomo e la sinistra si scinde
I tempi in cui parlare di ritorno all’atomo era per un politico il gesto masochistico perfetto, la ricetta infallibile per perdere voti, sono lontani. Ora Giorgia Meloni ci mette la faccia. Al termine del consiglio dei ministri che ha stanziato 3 miliardi contro il «caro bollette», appare in video per dire che «il governo ha approvato un importante provvedimento per garantire energia pulita, sicura, a basso costo, capace di assicurare sicurezza energetica e indipendenza strategica all’Italia. Parlo, ovviamente, dell’energia nucleare».
È il rispetto di una promessa fatta nella campagna elettorale dell’estate 2022. Settimo punto del capitolo 11 del programma del centrodestra: «Ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro». Ci siamo, il primo passo ufficiale è stato fatto ieri. E subito a sinistra si è aperta un’altra crepa.
L’ULTIMO TRENO
Dal punto di vista tecnico è un disegno di legge delega: il governo chiede al parlamento il via libera per adottare, entro dodici mesi, «uno o più decreti legislativi» per disciplinare «la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno». Nuove regole pure per la «disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia da fusione». La fusione nucleare, il processo che alimenta le stelle: tecnologia da perfezionare, ma avanzata quanto basta che già è stata annunciata la prima centrale al mondo in grado di sfruttarla: sarà costruita a Chesterfield County, Virgina, Stati Uniti, nella prima metà del prossimo decennio (sempre che la Cina non arrivi prima). Stavolta l’Italia non vuole perdere il treno.
A livello europeo, la situazione è quella descritta nella bozza della relazione che accompagna il disegno di legge: «Il nucleare è ancora la “spina dorsale” della produzione di energia a basse emissioni di carbonio, nonché la prima fonte energetica in assoluto. Inoltre, diversi Paesi dell’Ue (tra cui Francia, Svezia, Finlandia, Estonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia) prevedono di aumentare o avviare la produzione di energia da fonte nucleare». Non si menziona, ma merita di essere citato, il programma con cui la Cdu di Friedrich Merz ha appena vinto le elezioni in Germania: «Valutiamo la ripresa delle operazioni delle centrali nucleari recentemente disattivate».
Tirando le somme, il 23% dell’elettricità prodotta nella Ue viene dall’atomo, con la Francia che arriva al 55%. Questa quota è destinata a crescere anche perché la domanda di energia elettrica aumenterà, in Italia come nel resto del continente, e l’atomo è la fonte con le minori emissioni di CO2: ragione perla quale è stato inserito dalla commissione di Bruxelles nella tassonomia delle fonti «ecosostenibili».
Il piano del governo consiste quindi nel cambiare il mix delle fonti con cui l’Italia produce elettricità. Oggi questo vede al primo posto il gas col 45%, seguito dalle rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico) col 44%: l’obiettivo è arrivare al 2050 con «un mix equilibrato di rinnovabili, nucleare e gas», e di usare l’energia generata nelle centrali atomiche anche per alimentare gli elettrolizzatori, che separano le molecole d’acqua e consentono di produrre idrogeno, un’altra fonte a zero emissioni di anidride carbonica.
Le opzioni tecnologiche possibili sono i reattori nucleari di terza generazione avanzata, già esistenti e progettati per resistere a eventi estremi; quelli di quarta generazione, ancora in fase di sviluppo; i reattori modulari di piccola taglia (Smr) e, appunto, i reattori a fusione. Sotto questo aspetto il disegno di legge è “laico”, lascia le porte aperte all’adozione delle «migliori tecnologie disponibili», ma per il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, il rinascimento nucleare italiano dovrebbe partire dai piccoli reattori modulari, che saranno disponibili «verso la fine di questo decennio, inizio del prossimo». Consentendo a imprese e famiglie italiane di avere «bollette sul livello francese o spagnolo».
La relazione preparata dai suoi uffici chiarisce anche che ci sarà «una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato», che erano di prima e seconda generazione, e proprio questo salto tecnologico cancella il rischio «che i precedenti referendari possano costituire un ostacolo normativo all’intervento del legislatore». Per il centrodestra è un passo importante nella realizzazione del programma di governo. Matteo Salvini usa toni trionfali («Avanti con una battaglia storica della Lega!») e si augura che il parlamento approvi il testo in tempi rapidi, perché «l’Italia non può più aspettare». Mentre Antonio Tajani chiede agli elettori «di guardare a questo provvedimento con uno spirito propositivo e non pregiudiziale», perché «di fronte non c’è il vecchio nucleare del passato, ma una fonte innovativa, pulita e sicura».
IL FRONTE DEL NO
Le divisioni, ancora una volta, sono sul fronte opposto. Il verde Angelo Bonelli giudica il provvedimento «uno schiaffo alla democrazia» e sostiene che Meloni comunica «come si fa in Corea del Nord». Come lui la pensano i Cinque Stelle, per i quali la premier «dà fiato alle trombe della propaganda del nucleare in un Paese dove nessun cittadino vuole una centrale a venti chilometri da casa». Stessa linea della Cgil: «Il nucleare non è la soluzione per la decarbonizzazione in Italia». Tra chi brinda all’operazione c’è Carlo Calenda, il quale ritiene «molto positivo il primo passo fatto per il ritorno al nucleare, una battaglia che Azione ha condotto con forza dalla sua nascita». In mezzo c’è il Pd, che dopo gli scontri sul Jobs Act e sul riarmo dell’Europa evita di scindersi pure sull’atomo e preferisce parlare di altro.