Un atto politico
I tacchi a spillo sono uno spettro del patriarcato per la sinistra sulle ballerine
«Mi perdoni, signore. Non l’ho fatto apposta», sono le ultime parole di Maria Antonietta che sulla ghigliottina si scusa perché i suoi talons rouges hanno pestato i piedi del boia. Per molti storici schiacciare le scarpe dell’esecutore sono state l’ultimo atto di ribellione di una regina indomabile, dalla femminilità straripante. Il tacco 12 è una dichiarazione d’intenti, un modo di stare al mondo, in bilico tra la certezza di svettare e la paura di inciampare. Il tallone sull’Himalaya, l’avampiede nella Fossa delle Marianne. Un atto di coraggio e di sfrontatezza. Avanzare a testa alta e petto in fuori senza tiepide vie di mezzo. Stare in equilibrio su pochi centimetri di suola rivela anche un forte spirito di sacrificio. «Una signora non si lamenta mai dei piedi», ripeteva Marilyn Monroe che, dall’alto del tacco dieci disegnato ad hoc per lei da Salvatore Ferragamo, era convinta che se ogni donna avesse avuto la scarpa giusta avrebbe conquistato il mondo. Ma non doveva lamentare la fatica di concentrarsi su ogni passo, perché uno solo falso sarebbe stato rovinoso per l’allure da femme fatale.
Nella sua difesa in Parlamento Daniela Santanchè ha evocato le borse griffate –anzi, la sua Kelly di Hermès era proprio lì, in bella vista –gli abiti di lusso, e poi loro, i tacchi dodici, come una scelta di vita. Simbolo di femminilità secondo alcuni, spettro del patriarcato per una parte della sinistra piantata saldamente sulle ballerine rasoterra d’inverno per poi traslocare nelle monastiche ciabattine modello Birkenstock, sempre con il piede aderente all’asfalto per evitare di esaltare le forme e di porsi come trofeo da sfoggiare. L’anno scorso la giornalista americana Summer Brennan ha scritto il saggio Tacco Alto (66th And 2nd) che ragiona proprio sull’ambivalenza della scarpa simbolo della femminilità, dai miti greci fino a Sex and the City (come non pensare alla dipendenza da Manolo Blahnik di Carrie). Un viaggio nella storia della calzatura più iconica fino ad arrivare al movimento femminista che accusa le donne sui tacchi di non calpestare gli stereotipi di bellezza e seduzione imposti dai maschi. Le ragazze di sinistra- dopo la rivoluzione della minigonna - si mortificavano dentro ampie gonne e zoccoli ai piedi.
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Poi anche il guardaroba è cambiato, ma la ballerina è rimasta irrinunciabile, una rivendicazione politica. Quando s’insediò il governo Monti con tutto il grigiore della sua sobrietà tecnica molti commentatori progressisti osannarono il filo di perle e i tacchi solidi di Severino, Fornero e Cancellieri. Poi arrivò l’era Renzi che scompaginò anche l’estetica della politica di sinistra con l’iconico tailleur blu elettrico e i tacchi vertiginosi di Maria Elena Boschi e Alessandra Moretti che fu paparazzata in un parcheggio a cambiarsi le scarpe – via le sneakers su i tacchi – per andare incontro ai piccoli imprenditori del Triveneto.
Fu lo sdoganamento dei «power heels», ma i segni di uno sbilanciamento arrivarono nel 2010, alla festa dell’Unità di Roma. Quando si insediò, Enrico Letta disse: «Dobbiamo darci un profilo più attrattivo, in grado di catturare l'attenzione.... Dobbiamo diventare più sexy» (disse all’Espresso). Per farlo stare sereno, gli organizzatori della festa tra le birre e le salamelle autorizzarono la vendita di perizomi, push up e scarpe con tacchi a spillo. Più sexy di così...Le scarpe come atto politico. A gennaio una lezione alle signore di sinistra è arrivata proprio da sinistra. Annalena Baerbock, l’uscente ministra degli Esteri tedesca dei Verdi si è presentata ad Al Jolani in tacchi alti e pantaloni aderenti. Lui non le ha stretto la mano e lei è andata avanti battendo i tacchi. Le nostre donne di sinistra e femministe, dalla Boldrini in poi, hanno sempre indossato il velo nei Paesi arabi. I capelli coperti, le ballerine ai piedi. Come vuole l’Islam.