Protocolli

Italia-Albania, la data della svolta: la conferma dalla corte Ue, quando può cambiare tutto

L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue presenterà il prossimo "10 aprile" le proprie conclusioni relative alle cause riunite Alace e Canpelli, che riguardano due cittadini del Bangladesh che erano stati portati nel centro per il trattenimento e il rimpatrio creato dall’Italia in territorio albanese. Lo ha detto lo stesso avvocato generale Richard de la Tour, al termine dell’udienza oggi a Lussemburgo, trasmessa in differita sul sito della Corte. Le conclusioni propongono alla Corte una possibile soluzione giuridica, ma non vincolano la Corte, che decide in autonomia.

La causa segue una procedura accelerata e la sentenza potrebbe arrivare abbastanza presto per gli standard della Corte, verso fine maggio-inizio giugno, a quanto si apprende. Quello trattato oggi è solo uno dei procedimenti pendenti che coinvolgono il Protocollo Italia- Albania: sono arrivati molti altri rinvii, da molti Tribunali italiani, ma sono tutti abbastanza simili. Vertono tutti sul concetto di Paese di origine sicuro e quella trattata oggi è una causa pilota, che dovrebbe contribuire a risolvere anche le altre. L’accordo tra Roma e Tirana, ratificato nel febbraio 2024, ha istituito in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana, un Centro per il trattenimento e il rimpatrio. In questo Centro possono essere trattenuti i richiedenti protezione internazionale, ai quali può essere applicata una procedura accelerata di frontiera, riservata a persone provenienti da Paesi considerati sicuri.

Due cittadini del Bangladesh sono stati condotti in questo centro e lì hanno presentato richiesta di protezione internazionale. La loro domanda è stata però respinta, perché giudicata infondata, dalla Commissione territoriale di Roma, perché il Bangladesh è riconosciuto come Paese sicuro da un decreto interministeriale emanato nel maggio 2024, che è stato poi sostituito lo scorso ottobre da un decreto legge, che teneva della sentenza della Corte di Giustizia in un’altra causa. I due richiedenti asilo hanno fatto ricorso al Tribunale di Roma. Per decidere sulla questione, il giudice ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue di chiarire se sia compatibile con il diritto dell’Unione la normativa italiana in materia di designazione dei Paesi di origine sicura, sotto diversi profili. Gli avvocati delle parti oggi hanno esposto in Aula le proprie posizioni.