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Subiaco? Per la sinistra "chic" diventa "Lollograd": l'ultima sparata rossa

Marco Patricelli

Tra le possibili varianti italiane Lollopoli e Lollonia e quella inglese Lolloshire che fa molto chic, è stato invece scelto Lolligrad, con suffisso slavo preferito persino a Lollistan un po’ troppo asiatico, per definire ironicamente la Subiaco capitale italiana del libro. Ridotta così a una piccola Leningrado, o Stalingrado, o Volgograd che ha da tempo perso ogni richiamo al compagno Togliatti omaggiato dal regime sovietico, tramite un toponimo che Repubblica ha messo assieme un po’ con nostalgico lapsus freudiano un po’ per irridere il centro della provincia di Roma, patria di ottomila anime tra cui il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: uno che si occupa dei campi e non delle terrazze, delle case rurali e non degli attici, di colture e non di cultura, al limite delle lettiere zootecniche ma non delle lettere umane. E come mai la Subiaco del ruspante Lollo minore, dato che la cittadina per antonomasia è la Gina maggiorata, ha potuto ambire all’assegnazione del titolo e al bonus da mezzo milione? Mistero da risolvere battendo su e giù le strade della cittadina di provincia, con tappa all’unica libreria e dal parroco strappato alle atmosfere di don Camillo senza Peppone, considerata la vocazione di Subiaco a non farsi ammaliare dalle sirene del sol dell’avvenire.

Ma cosa avrà mai Lolligrad oltre al ministro in carica? Beh, mica può bastare la prima stampa italiana a caratteri mobili: metti che venne male e l’inchiostro sbavò, con ira di Gutenberg... E possibile che Subiaco diventi capitale solo per un generoso Lollipop, alla politica e dalla politica? È tutto da dimostrare il fascino di una cadenza dialettale che non avrebbe solleticato Mozart e neppure il suo senso dell’umorismo; e così le usanze locali, a partire dal fatto che da quelle parti il caffè non si sorseggia in tazzine di porcellana trasparente, men che meno col mignolo all’insù, ma proprio al bar dello sport senza tovagliati di lino di Fiandra.

 



Perbacco, però Subiaco è pure la patria di Ciccio Graziani, campione del mondo di Spagna 1982, uno che dava del tu al pallone, mica a Dante Alighieri, e l’unico Poeta che conosceva ai tempi del Torino era il compagno di squadra Claudio Sala, “il poeta del gol”, che aveva sostituito i dribbling ai versi in rima alternata o baciata. Il reportage sui falliti quarti di nobiltà della futura capitale europea del libro tocca pure la Rocca abbaziale del XI secolo, per ricordare che il Comune l’acquistò per mettere a carico dello Stato l’oneroso e altrimenti impossibile recupero: l’insostenibile pesantezza economica del capocantiere, mica la filosofica “Insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera. Completamente fuori tema.

Ma ci deve essere anche qui lo zampino di Lollobrigida, più signorotto locale di quel Cesare Borgia nato proprio alla Rocca nel 1425, cardinale e generale, uno che aveva talmente le idee chiare di cosa voleva essere e fare, da adottare come motto Aut Caesar aut nihil, senza riferirsi al proprio nome bensì al significato. Ci sarà pure una vocazione alla lettura da queste parti, e qualche intellettuale chic nelle corde di Repubblica, uno di quelli che parla di un libro senza averlo letto, bellissimo perché tutti ne parlano, a fiducia. Il luogo di nascita è casuale, ma nella vita ci vogliono fortuna e conoscenze, altrimenti può capitare che non ti ritrovi più nella capitale italiana del libro. Chissà quante ne avrà sentite ai primordi quel fuoriclasse di Severino Gazzelloni, flautista per antonomasia, figlio di Roccasecca. O un Giuseppe Verdi da Roncole di Busseto talmente preso poco sul serio che neanche se lo presero al conservatorio di Milano, con rara lungimiranza. Oggi la frazione si chiama Roncole Verdi, non fa neppure 400 residenti, ma se la scegliessero come capitale temporanea della musica non ci sarebbe niente da ridire. E ribattezzarla ironicamente Verdigrad, in onore del padrino occulto, quello della zum-pa-pa-musik, che sotto al barbone si farebbe una sonora risata in Do maggiore.