L'editoriale di Mario Sechi

La sinistra ha perso il treno della storia

Mario Sechi

C’è un filo rosso che unisce Washington e Roma, Berlino e Parigi, Londra e Città del Messico, il Canada e l’Africa. È la trama della contemporaneità che si tesse sulle rotte dell’immigrazione, del commercio e della politica di potenza. Non ho citato l’Asia perché la Cina si muove come un’isola, un’entità millenaria, circondata dall’oceano della storia, che ha i suoi tempi, un calendario che l’Occidente non capisce. In mezzo, al centro del Mediterraneo, c’è Roma, ieri caput mundi, oggi crocevia di una serie di passaggi storici che riguardano il destino dell’Europa. La cronaca sa essere beffarda, gioca a dadi, presenta quelli che Milan Kundera chiamava «paradossi terminali della storia».

Bene, c’è del comico e del tragico nella notizia di un migrante che denuncia il Presidente del Consiglio, un fatto che espone alla vista di tutti il cortocircuito della contemporaneità, la gestione impossibile del fenomeno migratorio con le regole pazze dei diritti che piegano il diritto, diventandone alla fine un rovescio, anzi un vero e proprio sottosopra della realtà. Cosa volete che pensi di questo l’uomo della strada? Che siamo di fronte a una follia, che le regole attuali non funzionano, che il governo è impossibilitato ad agire, a garantire la sicurezza non dei confini, ma dei propri cittadini, degli italiani.

Questo piccolo episodio è solo la fiammella di un incendio più grande che sta cambiando la mappa politica dell’Europa e ha già sconvolto quella degli Stati Uniti d’America, la destra vince perché la sinistra ha perso il treno della storia, Trump è alla Casa Bianca ed è solo l’inizio di un ciclo conservatore lungo e destinato a trasformare non solo l’America ma anche l’Europa. Qualcuno direbbe che «viviamo tempi interessanti, forse troppo», ma niente di tutto questo è casuale, l’Europa ha camminato controvento per decenni scambiando le proprie utopie per la realtà. Quando le idee sono sbagliate, alla fine viene giù tutto.