Roba da film

Il "Domani": complotto contro il capo di gabinetto di Meloni. Ma tace sui suoi cronisti coinvolti

Brunella Bolloli

La vicenda, ad una prima lettura, sembra uscita da uno di quei film americani pieni di spie, colpi di scena e dal finale imprevedibile. In realtà, il copione è meno avvincente di quanto sembri e soprattutto meno aderente alla narrazione dei presunti detentori della verità perché manca un pezzo essenziale. Ma andiamo con ordine. Il Domani, quotidiano diretto da Emiliano Fittipaldi, ieri ha scodellato in prima pagina un titolone che prometteva sfracelli ai piani alti di piazza Colonna: “I servizi hanno spiato Palazzo Chigi. Nel mirino il fedelissimo di Meloni”.

Nell’articolo “esclusivo”, il dettagliato racconto di un’indagine della procura di Roma dopo la scoperta che tre agenti dell’Aisi, il nostro servizio di sicurezza interno, avrebbero “spiato” Gaetano Caputi, stimabile capo di Gabinetto della presidente del Consiglio, ex magistrato, già professore ordinario presso la Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze nonché capo dell’ufficio legislativo in vari ministeri, con un passato anche alla Consob e dal curriculum alquanto prestigioso. Di lui, infatti, i colleghi del Domani si erano già occupati diverse volte: l’11 febbraio 2024 un articolo in prima verteva su “Gli affari segreti di Caputi, il braccio destro di Meloni”; il mese precedente (10 gennaio 2024) il servizio partiva con il titolo su “Caputi, uno e trino, il capo di Gabinetto di Meloni fa incetta di incarichi”, e via così, fino a che poi, un po’ come è accaduto nel caso del ministro della Difesa Guido Crosetto, Caputi ha deciso di querelare sia il direttore del quotidiano che i tre cronisti d’inchiesta estensori dei pezzi su di lui. Fin qui, si può dire, niente di nuovo.

 

 

 

L’ultimo scoop del giornale di De Benedetti, però, è anche più interessante dei precedenti perché lascia intendere che a spiare Caputi, o almeno a informarsi sui suoi affari e sui suoi potenziali conflitti d’interesse, siano stati tre funzionari dell’Aisi, praticamente i servizi segreti alle dirette dipendenze della presidenza del Consiglio dove siede il sottosegretario con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano. Fittipaldi, intervenuto a Tagadà, parla di «una storia gigantesca su cui la politica è muta». Tale versione, però, è respinta al mittente da Palazzo Chigi. Una nota ufficiale spiega infatti che «né il premier Meloni né il sottosegretario Mantovano hanno mai chiesto di spiare nessuno, tantomeno il capo di Gabinetto del presidente, Gaetano Caputi». Non solo: «L’Autorità delegata è pienamente disponibile a riferire nella sede istituzionale opportuna, il Copasir». In sintesi: la spy story è ridimensionata, anzi smentita dal governo. Ma c’è un elemento in più - il pezzo essenziale che mancava- che Palazzo Chigi sottolinea e che il reportage dei segugi d’inchiesta aveva omesso. E cioè che 4 cronisti del Domani sono stati citati a giudizio per concorso in rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Solo così, infatti, in qualità di imputati avrebbero potuto avere accesso ad atti coperti da riservatezza. Atti che, ai sensi della legge 124 del 2007 (nota come riforma dell’intelligence italiana), possono essere consultati ma non diffusi proprio perché riguardano informazioni sensibili e c’è un’indagine in corso.

 

 

 

Il Domani, invece, ha scritto che i tre 007 non avrebbero agito in autonomia, ma seguendo gli ordini dei loro superiori. Ha riportato che i carabinieri, a cui il procuratore capitolino Francesco Lo Voi ha delegato le indagini, hanno scoperto «tre interrogazioni» su Caputi alla banca dati Punto Fisco, il cervellone pubblico dell’Agenzia delle Entrate che contiene informazioni fiscali, reddituali e catastali di ogni cittadino italiano. Ha specificato che gli accessi sono stati effettuati con altrettanti profili «intestati al Dis», il Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza, ma «in uso all’Aisi». Il quotidiano ha anche pubblicato sul proprio sito il documento della procura in cui si evince che le verifiche risalgono a due anni fa: la prima il 23 gennaio e alcuni mesi dopo le altre due, il 4 e il 25 settembre. Due accessi durano al massimo 8 minuti, una terza invece ben 57 minuti: un’intrusione in piena regola.

Alla luce di questo elemento da Piazzale Clodio è quindi partita una missiva all’allora capo del Dis, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, con la richiesta di «comunicare le generalità complete delle persone che hanno effettuato gli accessi, unitamente alle ragioni che vi hanno dato causa o che, comunque, li hanno legittimati». Sempre Domani ha messo nero su bianco che la risposta trasmessa in Procura è stata vergata dal neodirettore dell’Aisi, Bruno Valensise, il quale avrebbe rivelato il ruolo nell’indagine su Caputi dell’ex numero due dell'Aisi e attuale vice al Dis, Giuseppe Del Deo. Da qui i cronisti hanno dedotto che l’Aisi avesse acceso «un faro sul fedelissimo della Meloni», mentre la versione dell’Agenzia ai magistrati dice che le verifiche sono state autorizzate per confermare o smentire le voci su figure definite target che tentavano di accreditarsi ai massimi livelli del governo per affari delicati: si parla di un rigassificatore al Sud e di altri business. Valensise scrive, inoltre, che «Giuseppe Del Deo ha confermato di aver attivato» il suo sottoposto «su input del direttore pro-tempore», ma di «non aver richiesto per tale accertamento specifico nessuna interrogazione sulle banche dati». Insomma, tanti dettagli degni di un thriller. Peccato manchi la notizia che riguarda i cronisti stessi.