Una nutrita rassegna
Elon Musk fa impazzire i 'compagni su Marte': "Nazi-oligarchia", "Dittatore", "E Melania..."
E dire che a pagina 8 della Stampa c’è il biografo di Elon Musk, Walter Isaacson, che smonta il “caso” che da tre giorni fa impazzire la sinistra: «Non credo che abbia voluto fare il saluto romano». E Isaacson lo conosce bene, il tycoon: per due anni ha vissuto con lui e i suoi più stretti collaboratori. E no, non gli ha mai sentito pronunciare cose positive su Adolf Hitler. «Assolutamente no».
Eppure il quotidiano torinese, in un’altra parte del giornale - a pagina 29, a firma di Gianluca Nicoletti avvalora la ricostruzione secondo la quale “mister Tesla”, e neanche troppo velatamente, a prescindere dall’inclinazione del braccio, ha inteso comunque vellicare la fantasia dei nostalgici del nazifascismo, con i rimandi a quell’età dell’oro trumpiana dove la fanno da padrone i riferimenti al «leader assoluto», al «suolo», al «sangue», all’«orgoglio della stirpe» che «nel nostro passato più recente» si sono manifestati, appunto, nei regimi totalitari di Germania e Italia.
SOLO TATTICA
La Stampa è in buona compagnia. Sul Corriere della sera, ad esempio, Massimo Gramellini dedica a Musk il suo Caffè. Titolo: «Il saluto roMusk». Elon è l’uomo nero che più nero non si può. Peggiore perfino dell’odiato Donald Trump. Anzi, The Donald è ora il «vecchio saggio incaricato di smorzare gli eccessi visionari del socio finanziatore».
Ma attenzione: potrebbe essere un trucco, un gioco delle parti. Spiegazione: «Ogni leader ama essere amato da tutti, e il modo migliore per riuscirvi consiste nel mettersi accanto qualcuno più inquietante di lui». E così avrebbe fatto Trump con Musk.
Per Repubblica non c’è fact checking che tenga: saluto romano era e saluto romano resta. Il numero di ieri è quasi monografico. Musk compare in tre commenti. In prima pagina lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini scomoda tutti i grandi di Hollywood. Anzi, scomoda i protagonisti dei loro film antinazisti e antifascisti, che dopo aver assistito allo show del tycoon a Washington «si stanno legittimamente rigirando nei loro eterni loculi». «Milioni di salme», scrive Massini, si sentono oltraggiate dal gesto di Musk. Ad esempio: chissà cosa stanno provando i 290mila soldati Usa «spediti a morire sul suolo europeo per sconfiggere il morbo del totalitarismo nazista», e descritti così bene da Steven Spielberg nel suo “Salvate il soldato Ryan”, di fronte all’immagine del magnate. E che dire di Charlie Chaplin? «Il Grande Dittatore adesso non è a Berlino, ma a Washington». Trump (e il suo braccio destro Musk) uguale Hitler, dunque.
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«Centinaia di film, centinaia di libri ci hanno raccontato gli Stati Uniti come fieri nemici democratici di chi marciava col braccio teso». Poi sono arrivati Donald ed Elon... La scrittrice Chiara Valerio procede nel solco tracciato da Roberto Saviano («Quanto durerà l’agonia della democrazia?», si è chiesto l’autore di Gomorra tre giorni fa). Musk, «con il suo saluto romano», è il principe delle tenebre. Alla testa «di un impero che costruirà rovine, che conosce l’importanza delle rovine».
Il tycoon è il simbolo della «tecnocrazia» che ricorre a un «gesto storico, chiaro, limpido, il gesto del comando, di chi impone la pace e divide gli esseri umani» in base a varie caratteristiche: sesso, colore della pelle, genere, fede religiosa, conto corrente, numero dei figli, libri etc. E guai a farsi distrarre dal cappellino della first lady.
Basta «trastullarsi» con le mosse di Melania quando al vertice degli Stati Uniti c’è un «satrapo miliardario», avverte Concita De Gregorio nella sua rubrica, sempre su Repubblica. Quanto accaduto a margine dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca ha mostrato «l’indiscutibile evidenza del pericolo». Musk, definito il «presidente ombra», ha mostrato «con chiarezza» cosa sta accadendo.
BASTA DISTRAZIONI
«Non c’è nessuna ambiguità in quel braccio due volte teso. No, amici, no. Non vi stava porgendo il suo cuore, non è goffamente accidentato nel gesto. Non è goffo, Musk, è chirurgico. Stava dicendo a milioni di persone eccoci, siamo tornati. Una nazi-oligarchia governa l’America, intendeva dire e l’ha detto. Ora sono affari nostri, di chi si è baloccato fin qui dicendo ma no, ma che pericolo, è un genio, sono geni. Sono amici». Concita vi ha avvertito. Guai, un giorno, a dover dire: “Pensavo fosse il cappello di Melania, invece era la nazi-oligarchia”.