Tassator cortese

Ernesto Maria Ruffini, il tour dell'esattore per rifare il centro

Francesco Storace

Ci mancava il centrista che guarda a sinistra (e finora alle tasche di Pantalone). Il tassator cortese, Ernesto Maria Ruffini, comincia sabato da Milano il suo giro d’Italia, la bicicletta gliela presterà Romano Prodi per soffiare in volata il posto ad Elly Schlein.

Quel che non è chiaro – tipico dei centristi di sinistra – è quel che vuole realizzare. Un polo? Un partito? Una corrente? I media lo aiutano, ieri lo ha fatto La Stampa con il solito e preciso articolo di Fabio Martini, ma se tutto questo casino serve al solito seggio per sé e qualche amico suo davvero non ne varrebbe la pena.

Le acque su cui intende navigare non sono certo vergini, popolate da antichi voltagabbana che non godono di alcuna credibilità nella pubblica opinione. Per tornare in Parlamento, costoro hanno bisogno di una legge elettorale come quella attuale, dove ti guadagni la nomina trattando col leader e non infastidendo gli elettori.

 

 

 

Quel che pare escluso è il partito cattolico. Lui non ci pensa nemmeno e cercherà di misurare la propria forza – sempre nel campo rosso – con un soggetto centrista “ma non confessionale”. Lo spiega il suo compare Bruno Tabacci: «Non parlerei di forza di centro – tra l'altro termine usurato dalle ambiguità e dalle furbizie di chi aveva di recente occupato questo spazio – ma di proposta equilibratrice e portatrice di cultura di governo, di razionalità, serietà, competenza». In pratica, niente.

Insisterà pure lui sui “diritti”, ed in fondo è giusto che stia dall’altra parte del campo dove ad essere dimenticati sono invece i doveri. Ma tant’è, non si può pretendere tutto e subito. Per ora ha ancora poche frecce al suo arco.

 

 

 

Ruffini ha in programma il convegno di sabato – dove si troverà in compagnia di Prodi e Graziano Delrio – anche se si schermisce dicendo che ci va solo come invitato e non come promotore dell’evento. E poi si organizzerà per una specie di giro d’Italia in cui raccontare il verbo che nessuno conosce. Per adesso la notorietà di Ruffini resta legata all’incarico appena lasciato al vertice dell’Agenzia delle entrate, che non è proprio il biglietto da visita ideale per chiedere voti dopo aver riscosso tanto denaro.

Immancabile il libro che presto uscirà; con l’oggetto dei suoi desideri da trasformare in manifesto per il nuovo soggetto politico. Il problema sarà come conciliare il suo profilo col voto popolare. Il partito della spesa pubblica da edificare in un sistema fondato su una tassazione insostenibile non è certo l’innovazione che manca alla politica italiana, e Ruffini non può cantare le lodi di un sistema alternativo dopo la vita che ha trascorso contro il popolo vessato.

Tenterà di trovare un percorso in cui manifestarsi il meno possibile, tanto per non doversi aggregare – al solito – come subordinato al Pd di Elly Schlein e in mezzo al frastuono pentastellato. E chi potrà restare affascinato dall’ennesimo partitino eretto solo per sistemare pezzi residuali della politica assiepati dietro al volto “nuovo”? Di questi tempi, sgomitare attorno al Nazareno non conviene proprio e lo vedono proprio Conte e compagnia, in calo costante in tutti gli ultimi sondaggi oltre che nelle elezioni “vere”. Manca il coraggio del contrasto all’egemonia rossa sull’opposizione.
E tra qualche tempo ci troveremo a raccontare di un destino da cespuglio, ma presentato bene.