Un brutto clima

Polizia, ecco il piano del governo per difendere gli agenti: le due mosse

Salvatore Dama

Non uno scudo penale, ma lo stop all’iscrizione nel registro degli indagati per le forze dell’ordine. Carlo Nordio anticipa le intenzioni del governo per tutelare chi indossa una divisa e viene coinvolto in una vicenda giudiziaria.

Non è un salvacondotto, precisa il ministro della Giustizia. Perché, anzi, il codice prevede un’aggravante specifica per i pubblici ufficiali che commettono reati. Si tratta solo di salvare gli agenti dal «marchio d’infamia» dell’avviso di garanzia. Che è un «istituto fallito», ammette il Guardasigilli, perché dovrebbe tutelare chi viene coinvolto in un procedimento e, invece, diventa una sorta di “condanna anticipata”, che pregiudica la carriera e, spesso, rovina la vita di un innocente.

 

 

 

Già nei giorni scorsi, durante la conferenza stampa di inizio anno, Giorgia Meloni aveva anticipato l’intenzione di garantire una tutela maggiore a chi veste la divisa. Adesso Nordio, intervenendo alla Camera durante il Question Time, scende nel dettaglio. Partendo una piccola digressione storica: «Nella patria dove è nata la democrazia, cioè la Gran Bretagna, finché esisteva la pena di morte (che per fortuna ora è stata abolita), c’era un caso in cui veniva applicata de plano ed era l’aggressione di un poliziotto». Gli agenti in Gran Bretagna erano disarmati, «però se uno aggrediva o uccideva un poliziotto c’era l’impiccagione, perché chi tocca la divisa tocca lo Stato, tocca ognuno di noi. La divisa è sacra, se la polizia impartisce un ordine legittimo, quell’ordine va eseguito e chi reagisce deve essere punito senza se e senza ma».

 

 

TESTO AD HOC

Altri tempi, altre norme. Oggi poliziotti e carabinieri, durante i cortei di piazza, ricevono insulti, bottigliate, sputi. E, alla fine, la conta dei feriti è sempre un triste appannaggio dei tutori della legge. Legge che ora va cambiata, annuncia Nordio, per garantire maggior tutela agli agenti. Non si tratta di «uno scudo penale», ribadisce il ministro, ma di una modifica all’istituto dell’avviso di garanzia: se è vero che è «un atto dovuto», perché quando «un carabiniere spara, a sua garanzia, ha diritto di essere assistito da un consulente nel caso si faccia una autopsia o una perizia balistica», la realtà purtroppo è che l’iscrizione nel registro degli indagati «reca con sé una specie di marchio anticipato di infamia».

Ecco allora che a via Arenula si sta studiando un provvedimento che «possa coniugare le garanzie di una persona col fatto che non venga iscritta in nessun registro degli indagati». Non è facile, ammette Nordio, «è una mia vecchia idea e cerchiamo di portarla a compimento».

In attesa che si chiariscano gli aspetti tecnici della misura, si inizia a delineare il suo percorso legislativo. La novità non sarà inserita nel ddl sicurezza, spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, ma ci sarà una proposta di legge parlamentare, promossa da FdI. «L’iniziativa», precisa, «parte dalla vicenda del carabiniere Luciano Masini che difendeva gli italiani, non se stesso, poi vedremo se l’egiziano che ha ucciso era un lupo solitario o no, comunque era un caso di uso legittimo delle armi e non andava iscritto nel registro degli indagati come dimostrano i video e i racconti».

 

 

 

IL DIBATTITO IN PARLAMENTO

La protezione che FdI vuole introdurre «non vale per le situazioni limite che richiedono accertamenti, ma essere iscritti nel registro degli indagati implica un calvario che è bene evitare». Il partito di Meloni lavora a un ddl che «non venga impugnato per questioni di costituzionalità o legittimità amministrativa: l’obiettivo è dare serenità alle forze dell’ordine».

Intanto la maggioranza accelera sul ddl sicurezza. Dal Senato potrebbero arrivare alcune modifiche necessarie per andare incontro ai rilievi del Quirinale e per evitare che la norma possa prestarsi a pregiudizi di ordine costituzionale. Le misure sotto osservazione sono quelle che riguardano le sim dei migranti, la carcerazione delle donne incinte, le pene per la resistenza passiva in carcere, l’elenco delle opere pubbliche per cui vale il divieto di manifestare. I cambiamenti al testo renderanno necessaria una terza lettura parlamentare. E intanto l’opposizione protesta. Quella politica e quella sindacale: oggi mobilitazione della Cgil in decine di città.