Gli scontri
L'autogol del Pd che coccola le piazze violente
D’accordo, la sinistra non ha alcun bisogno dei nostri consigli: sa benissimo sbagliare da sola, senza necessità di consulenze esterne. E tuttavia appare abbastanza surreale il fatto che, per tentare di uscire dall’impasse in cui i progressisti si sono cacciati, si leggano e si sentano più che altro ricette legate a manovre di palazzo, a geometrie politico -istituzionali. Esempi? Gran dibattito sul federatore prossimo venturo, oppure sulla necessità di una formazione centrista per completare l’offerta politica della coalizione (con relativa convegnistica tra Milano e Orvieto, tra qualche giorno). Per carità: magari alla fine si tratterà di elementi utili alla riorganizzazione del centrosinistra.
E – ammettiamolo – solo i superficiali possono sottovalutare l’importanza della “toolbox” strettamente politica, cioè del complesso di attrezzi che possono aiutare uno schieramento sconfitto a rimettersi in partita. Ma tutto questo dovrebbe venire dopo. Prima- molto prima- sarebbe necessaria un’operazione culturale di riconnessione con le persone comuni, con l’opinione pubblica. E qui sta il guaio. Dove vuoi andare se, dall’opposizione, continui a negare che esista un problema di sicurezza? Dove vuoi andare se, rispetto alla questione dell’immigrazione, continui a parlare un linguaggio di pura accoglienza senza limiti?
Dove vuoi andare se, tra i poliziotti aggrediti e i manifestanti violenti, dai la sensazione di restare “terzo” e quasi equidistante? È come se le elezioni americane non avessero insegnato nulla: con Trump che parlava ai cittadini preoccupati dall’immigrazione fuori controllo, e i dem che invece andavano a inseguire i luccicanti vipponi di Hollywood. Come sia finita lo sappiamo tutti. Ma evidentemente dalle parti del Pd qualcosa continua a non essere chiaro. E così, ecco il Comune di Torino che coccola il centro sociale Askatasuna; ecco il sindaco di Bologna che “invita” confusamente al dialogo chi ha mostrato di volere soltanto il caos. Ed ecco un ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che straparla di “stato di polizia”. Ora, delle due l’una. O dalle parti del Nazareno hanno completamente smarrito la speranza di giocare per vincere, e allora è scattato un riflesso di totale irresponsabilità. Oppure –peggio ancora – può darsi che il Pd ritenga che ormai una quota rilevante di voto di sinistra abbia proprio questo tipo di profilo estremista, e dunque abbia deciso di mettersi in competizione con Bonelli e Fratoianni per rivolgersi a frange rabbiose, a una specie di area ribellista diffusa: una sorta di “linea Salis”, per capirci. Ecco, in entrambi i casi, ci corre l’obbligo di segnalare che chiunque faccia scelte di questo tipo si rende automaticamente radioattivo agli occhi della maggioranza degli italiani. Per quella via, potrà pure massimizzare (non ne sarei certo) il voto “arrabbiato” di sinistra, ma si preclude la possibilità stessa di essere ascoltato da tutti gli altri, Se si viaggia contromano in autostrada, se si corre in direzione opposta rispetto al più vasto sentimento popolare, non c’è tatticismo politicista (costruzione della coalizione, nuove liste, ecc) né furbata propagandistica rivolta alle fasce estreme che possa salvare un partito destinato – a quel punto – a rimanere strutturalmente minoritario. Ecco, potrebbero forse chiamarla così, rovesciando il celebre mantra veltroniano: “vocazione minoritaria”.