Il caso della via a Grosseto

Giorgio Almirante, tutte le balle dei compagni sull'ex leader Msi e sulla guerra civile

Alberto Busacca

Da un’ossessione all’altra. Non si sono ancora spente le polemiche sulla serie tv dedicata a Mussolini e già la sinistra apre un altro fronte su Giorgio Almirante. La notizia è che il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso contro l’intitolazione di una strada all’ex leader del Msi nella città di Grosseto. Via Almirante ci sarà, allora. E i progressisti si sono infuriati.

«La decisione del Consiglio di Stato», hanno detto in una nota congiunta senatori e deputati del Pd eletti in Toscana, «non cambia di una virgola il problema politico. Le falsificazioni della storia vanno combattute senza esitazioni e noi continuiamo a ritenere vergognosa e inaccettabile questa scelta dell’amministrazione comunale di Grosseto».

Quindi le accuse al segretario della Fiamma: «Almirante per una grandissima parte della sua vita fu l’opposto di un sincero democratico. “Il razzismo diceva - ha da essere cibo di tutti e per tutti” (maggio 1942). Nella primavera del 1944 firmò un manifesto dove minacciava di fucilazione i partigiani del grossetano che non si fossero arresi consegnando le armi. Nei decenni del dopoguerra non si smentì. Notorio fu l’apprezzamento di Almirante per il golpe dei colonnelli in Grecia, per quello di Pinochet in Cile, per la dittatura militare argentina, per i regimi autoritari di Franco e Salazar».

Duro, sul tema, anche il pezzo del Manifesto. Almirante, si legge, «come capo di gabinetto del Minculpop della repubblica collaborazionista di Salò, nel 1944 fu firmatario di un bando che sotto l’intestazione “Prefettura di Grosseto” intimava ai partigiani e ai giovani soldati che avevano rifiutato di arruolarsi nelle milizie fasciste di presentarsi presso i comandi nazisti, pena la fucilazione alla schiena. Il 22 marzo 1944 a Maiano Lavacchio, nelle campagne fra Grosseto e Magliano, undici giovani furono fucilati dai fascisti della cosiddetta “Guardia repubblicana”, dopo un rastrellamento con la Feldgendarmerie tedesca. E il 13 e 14 giugno a Niccioleta, nei pressi di Massa Marittima, 83 minatori, tra i quali molti che non avevano voluto rispondere ai bandi repubblichini, furono uccisi in un altro rastrellamento nazifascista in alta Maremma». 

Ecco. Visto che, come dicono dal Pd, «le falsificazioni della storia vanno combattute senza esitazioni», mettiamo un po’ d’ordine. E facciamo un bel fact checking, per usare un altro termine che piace a sinistra...

- Partiamo dal razzismo. È vero, Almirante, sulla Difesa della razza, ha scritto articoli palesemente razzisti, come quello del 1942 citato dai parlamentari dem. Ma questa parte del suo passato, nel dopoguerra, l’ha rinnegata con decisione più volte, in televisione, sui giornali e nel suo libro, “Autobiografia di un fucilatore”.

- A proposito, l’accusa di essere un “fucilatore” deriva proprio dal famoso bando antipartigiano pubblicato a Grosseto nel 1944 con la firma di Almirante. Il leader del Msi querelò Unità e Manifesto, che nel 1971 lo avevano pubblicato. Perse la causa, ma il tribunale riconobbe che lui non aveva firmato nessun bando, ma, in qualità di capo di gabinetto del Minculpop, si era limitato a inoltrarlo alle prefetture per la sua affissione. E allora perché perse la causa? «Ritiene il tribunale», si legge nella sentenza, «che la non rispondenza della notizia al vero sia attribuibile ad incolpevole errore nel quale sono incorsi entrambi gli imputati», ovvero i responsabili di Manifesto e Unità.

- Per quanto riguarda le presunte responsabilità di Almirante nella strage di Niccioleta, si tratta semplicemente di un’accusa non vera, che sta girando da qualche anno principalmente sui social. L’eccidio di Niccioleta, pur non essendo molto conosciuto al grande pubblico, è stato oggetto di un’inchiesta del Comitato di liberazione nazionale e di tre gradi di giudizio della magistratura italiana. In nessun caso è stata provata o anche semplicemente ipotizzata una responsabilità di qualsiasi tipo del leader missino. A dirigere l’operazione erano stati gli ufficiali tedeschi del III Polizei-Freiwilligen-Bataillon “Italien”, secondo l’inchiesta del Cln chiamati da alcuni fascisti locali.

- E infine: sì, è vero, il Msi sostenne i colonnelli greci e altri dittatori anti-comunisti. Ma erano anni, quelli, in cui la sinistra italiana sosteneva l’Unione sovietica, dalla quale era pure finanziata. Forse gli eredi del Pci dovrebbero essere più cauti nel dare lezioni di democrazia...