Degrado capitale

Roberto Gualtieri, grazie a lui Roma sembra Calcutta. Ma i giornali lo osannano

Daniele Capezzone

No, proprio nessuno ha il diritto di chiamarlo “incidente”. Ieri a Roma una donna ha perso la vita sotto gli occhi dei suoi tre figli e un’altra si è ritrovata in coma: entrambe colpite in modo devastante dall’ennesimo crollo di un albero. Ma è sufficiente scorrere i servizi di oggi di Libero per trovare un altro caso di morte per la stessa causa, sempre a Roma, a novembre 2023, e una sequenza impressionante di altre cadute e crolli. E sempre ieri, un ragazzo e una ragazza in motorino sono stati centrati da un altro ramo: feriti pure loro. Ma quale “caso” o “disgrazia”: siamo alla logica conseguenza di una sciatteria e di un’incuria che sono ormai divenute sistema, abitudine, regola.

A peggiorare le cose, ma si tratta più che altro di folklore politico romanesco, ci si è messa la surreale performance di un’assessora capitolina accorsa sul posto (e ovviamente contestata dalla folla), la quale ha pensato bene di dichiarare che «l’albero non destava particolari preoccupazioni» e che «l’ispezione visiva» (avete letto bene: «l’ispezione visiva») non aveva destato allarme. E voi capite bene in che mani sia oggi Roma sotto la guida di Roberto Gualtieri. Il quale però continua a essere trattato in guanti bianchi da media locali e nazionali mai così ossequiosi. Anzi, ripetete insieme a me: Joe Biden è lucidissimo; la Senna è limpida e perfetta per una bella e salutare nuotata olimpica; e Roma è in una condizione meravigliosa, prontissima per il Giubileo, accogliente per i turisti tanto quanto rassicurante ed efficiente per i romani.

Dite che mi sono rincoglionito, amici lettori? O che ho già ampiamente esagerato con le libagioni, prim’ancora della cena di stasera e del pranzo di domani? No: ho soltanto letto giornali letteralmente lirici, tutti dediti a proteggere il sindaco Gualtieri (l’uomo dei disastri, ma misteriosamente tutelato da ombrelli magici) e a raccontare una Roma che semplicemente non esiste. Intendiamoci: se tuttora vai a Roma e ci stai dodici ore, ti innamori. È sufficiente camminare a piedi, guardare i monumenti e un cielo luminoso che neanche il Pd capitolino riesce a incupire. Ma se appena appena le dodici ore di permanenza diventano ventiquattro, se quindi devi prendere la metro o un paio di bus, o arrivare puntuale a un appuntamento, oppure spostarti in automobile, il rischio è quello di cominciare a bestemmiare selvaggiamente: il che – oltre a essere una gran cafonata – contrasterebbe con la dimensione spirituale suggerita dal Giubileo.

 

 

Scherzo amaramente, ma la realtà è questa. Roma è oggi in una condizione indecente, indescrivibile: tra monnezza, mancata manutenzione di parchi e verde, serissimi problemi di sicurezza, trasporto pubblico inesistente, più – per sovrammercato – una quantità di cantieri aperti che sono autentiche bombe a grappolo scaraventate su una città già in ginocchio. Saresti nella capitale di uno dei paesi del G7, eppure – se ti guardi intorno – potresti pensare di essere finito a Calcutta o a Lagos. Torna alla mente l’amara profezia del grande Antonio Martino sul rischio di combinare tasse scandinave e servizi africani: ecco, Roma è già a questo stadio, forse nemmeno più recuperabile. I romani – insieme vittime e concausa di questo sfascio – hanno sopportato anche troppo: vecchie giunte di sinistra che hanno divorato tutto pensando solo alle feste e ai concerti, poi una giunta di destra rivelatasi inconsistente, poi una giunta grillina sciatta e improvvisatrice, e adesso una giunta Gualtieri che è per distacco la peggiore da trent’anni. Eppure nessuno la attacca: l’opposizione sonnecchia, i media indossano l’equivalente di una livrea, e il sindaco suona indisturbato la sua chitarrina.

Perfino l’autogol del concerto di Capodanno, se non ci fosse stato il guizzo d’orgoglio di Tony Effe (e la reazione di Libero e di pochissime altre trasmissioni o testate), sarebbe passato come acqua sulle pietre, perché ormai l’immunità mediatica di cui gode Gualtieri è totale.

I giornali di ieri facevano onestamente impressione. Da monsignor Fisichella entusiasta per «i lavori più importanti terminati» a un Messaggero addirittura estasiato («Rinasce l’area di Termini», la Fontana di Trevi «torna a stupire il mondo»), passando per Repubblica che, per giustificare la figura di palta del concertone senza cantanti, spiega che «ora il Comune guarda a un pubblico diverso, molto più adulto». E lui, Gualtieri? Sentito dalla Stampa, usa un inquietante gerundio che proietta i disagi in una dimensione indeterminata: «Avevo detto ai romani: preparatevi a tanti cantieri e ai sacrifici. Ci hanno aiutato e ora i cittadini stanno cominciando a vedere i risultati: stiamo trasformando una città... ». Ecco, per ora i cittadini devono più che altro evitare di beccarsi un albero in testa. Non c’è dubbio: in particolare con il Giubileo che parte oggi, c’è solo da confidare in un supplemento di protezione e assistenza da parte dello Spirito Santo. Non ci resta che pregare e sperare.