L'editoriale
Capezzone: le tre frecce all'arco della maggioranza
Anche in politica e non solo nel gioco d’azzardo (del resto, tra le due attività i punti di contatto non sono pochi), quando si alza drammaticamente la posta in palio, può accadere che il vincente vinca tutto e il perdente perda tutto.
È quanto può effettivamente succedere adesso in materia di immigrazione. L’azione oggettivamente combinata delle procure e della sinistra aveva alzato in modo spettacolare l’asticella della sfida contro il governo: da un lato, con la minaccia di una pesantissima condanna contro Matteo Salvini, dall’altro con la radicale contestazione del modello Albania scelto da Giorgia Meloni e con la pretesa di contrastare per via giudiziaria qualunque strategia governativa volta a dissuadere migranti e scafisti dal puntare direttamente sull’Italia. Ma le cose per il fronte dell’accoglienza no limits sono andate malissimo. All’inizio della scorsa settimana, è arrivato l’impegno di Ursula von der Leyen a stilare un elenco comune europeo dei paesi terzi sicuri: cosa che, se accadesse, smonterebbe qualunque pretesa di una singola procura italiana di disapplicare norme a quel punto non solo nazionali. E poi, venerdì sera, è arrivata l’assoluzione pienissima del leader leghista.
Morale: a questo punto il governo ha almeno tre frecce al suo arco. Primo: può proseguire con l’insieme degli strumenti che hanno già abbattuto gli sbarchi quest’anno. Per capirci: nel medesimo arco temporale che va dal 1° gennaio al 20 dicembre, quest’anno si sono registrati solo 65mila sbarchi, contro i 153mila dell’anno scorso e i 100mila dell’anno ancora precedente. Secondo: l’esecutivo ha tutte le ragioni per accelerare sulla linea europea, che rappresenterebbe un oggettivo salto di qualità, essendo basata sulla difesa preventiva dei confini esterni (non far arrivare le navi) anziché sulla farraginosa e inefficace redistribuzione successiva dei migranti (a navi purtroppo arrivate, come accadeva negli anni passati). Terzo: torna disponibile anche l’armamentario giuridico dei tempi del leader leghista al Viminale, che era stato depotenziato per un verso dalla revisione forzata dei Decreti Salvini e per altro verso dall’attesa della sentenza contro l’ex ministro degli Interni.
Non solo: Meloni-Salvini-Tajani sentono di godere, su questo, di un sostegno ultramaggioritario dell’opinione pubblica. E il contrasto all’immigrazione illegale è al tempo stesso uno dei settori in cui il governo si è impegnato di più e uno degli ambiti in cui i risultati conseguiti – già molto buoni – possono essere ulteriormente migliorati.
Il momento è dunque propizio: lo spettacolare autogol della strategia giudiziaria offre al centrodestra una vera e propria finestra di opportunità, mentre la sinistra appare più che mai disorientata e afona sul tema. Come Machiavelli insegna, un buon Principe deve far tesoro dell’occasione.