Al tribunale di Palermo
Open Arms, meno tre alla sentenza su Salvini: quelle strane "amnesie" in aula per condannare il leghista
Venerdì il collegio giudicante del tribunale di Palermo potrebbe emettere la sentenza del processo Open Arms, quello che vede imputato il vicepremier Matteo Salvini, che rischia fino a sei anni di galera per il reato di sequestro di persona. I fatti risalgono all’agosto 2019, quando era in atto un vero e proprio braccio di ferro tra il governo gialloverde e le Ong che scaricavano senza sosta nei porti italiani immigrati per la maggior parte irregolari. In particolare la spagnola Open Arms restò ferma al largo di Lampedusa per 20 giorni, durante i quali il capitano rifiutò prima di attraccare in un porto di Malta e poi in quello di Barcellona. Durante quei giorni Salvini, che all’epoca era ministro dell’Interno, fece sbarcare donne, bambini e le persone che i medici della Guardia Costiera avevano indicato come bisognosi di cure. Tutti gli altri 83 migranti restano sulla nave.
IL PROCESSO
A quel braccio di ferro seguirono denunce, un’autorizzazione a procedere del parlamento e poi il rinvio a giudizio per Matteo Salvini. Anzi, sarebbe meglio dire “solo” per Matteo Salvini. Eppure all’epoca erano in molti tra i Cinquestelle che teorizzavano la linea dura. Tutti però se ne sono dimenticati, sia i parlamentari quando è stato ora di votare l’autorizzazione a procedere contro Salvini (pochi mesi prima, a governo gialloverde ancora in piedi avevano votato contro...); sia i ministri del governo gialloverde che - chi più chi meno - vennero colti da amnesie sospette quando, anche durante il processo, tutti si dimenticarono di aver appoggiato quelle scelte, anche votandole in Consiglio dei ministri.
Giusto per rinfrescarci la memoria, in quei giorni il prode Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti e Infrastrutture, festeggiava così la stretta che grazie ai decreti sicurezza voluti da Salvini si era avuta proprio sull’immigrazione irregolare. Sentitelo: «Non Salvini, ma lui insieme al sottoscritto e al presidente Conte abbiamo diminuito con una cifra veramente enorme il numero degli sbarchi. Significa - leggete bene che stiamo facendo un buon lavoro di squadra. L’Italia torna ad andare avanti a testa alta su un problema epocale come quello dell’immigrazione in cui, con i governi di centrosinistra, era stata abbandonata. E in cosa consisteva, di grazia, questo lavoro di squadra? Nel non dare un porto sicuro in Italia alle Ong straniere, costringendole a sbarcare i migranti irregolari in altri paesi della Ue. Cioè esattamente quello che è stato fatto con la nave di Open Arms e altre ancora. Allora Toninelli era d’accordo con la Lega e con Salvini. Al processo, però, infarcì la sua testimonianza di imbarazzanti «non ricordo».
Anche il premier Conte - che allora appoggiava i decreti sicurezza, gli stessi che poi ritirò, rinnegandoli, una volta rinominato premier, ma col Pd in maggioranza- sul tema immigrazione non ci andava giù leggero. Alla Rackete che entrò in collisione con una motovedetta della Guardia di Finanza, disse: «Quello della Sea Watch è stato un ricatto politico sulla pelle di 40 persone». E quando Malta si rifiutava di concedere l’attracco alle navi delle Ong, spiegò al premier Muscat: «Si conferma l’ennesima indisponibilità di Malta, e dunque dell’Europa, a intervenire e farsi carico dell’emergenza». Evaporato il governo gialloverde, però, pure lui si dimenticò delle battaglie condotte con l’allora alleato Salvini e in parlamento diede ordine di votare a favore del rinvio a giudizio».
CONTRO GLI SBARCHI
La galleria delle dichiarazioni grilline in tema immigrazione, però, non si limita al periodo di governo. Anche prima il movimento che doveva «aprire il parlamento come una scatola di tonno», non ci andava giù leggero. Luigi Di Maio - che da vicepremier durante il caso Open Arms non proferì verbo per distinguersi da Salvini - raccontava così la strategia delle Ong: «Hanno trovato il loro palcoscenico. Vanno nelle acque Sar libiche, caricano persone che potrebbero essere salvate dalla marina libica, se le mettono in barca, vengono in Italia e iniziano lo show...».
Tra pochi giorni Salvini rischierà sei anni di galera e un milione di euro di risarcimento. Solo Salvini, non quelli che con lui approvavano le sue scelte. L’unica consolazione è che molti di questi hanno subito il processo della storia. Quello che porta all’oblio politico.