L'intervista
Massimiliano Romeo, la sfida dopo l'elezione: "La Lega deve tornare a spaventare Roma"
Massimiliano Romeo, 53 anni, monzese, capogruppo in Senato, è il nuovo segretario della Lega Lombarda. Il congresso lo ha eletto per acclamazione ieri mattina al termine di una relazione che è stata applaudita in più punti. Lo abbiamo incontrato a margine del congresso, subito dopo la sua proclamazione.
Senatore Romeo, cosa si prova a caldo ad essere il nuovo segretario della Lega Lombarda?
«Sto provando una forte emozione, perché mi trovo in un ruolo che in passato è stato ricoperto da molte figure storiche della Lega. Per tutto il resto credo ci vorrà qualche giorno per rendersi bene conto di quello che è successo... un po’ come per la seconda stella dell’Inter (e scoppia in una risata)».
Ringraziamenti da fare?
«Tanti. A partire da tutti i militanti e delegati che in questi mesi mi hanno sostenuto e dato fiducia. Ma non dimentico mia moglie Laura che mi ha supportato in questo anno e mezzo di impegno sul territorio e mio figlio Tommaso che spesso mi ha accompagnato negli incontri e che ieri sera ha anche battuto al computer il testo del mio intervento».
Durante il suo discorso ha diviso il suo programma in due filoni: uno riguardante la gestione interna del movimento; l’altro di carattere politico più generale. Partiamo dalla gestione. Come sarà la “sua” Lega Lombarda?
«Innanzitutto vanno superate alcune conflittualità interne che, inutile negarlo, ci sono state. In questo momento storico serve equilibrio, una gestione più inclusiva. La militanza non può essere considerata solo manovalanza. Per questo il metodo sarà quello del coinvolgimento dei territori nelle scelte che verranno prese».
Passiamo al lato politico. Cosa le hanno chiesto i militanti in questi mesi?
«Maggior coinvolgimento. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo ascoltato la base cercando di comprendere le ragioni di un malcontento che non deriva solo da quelli che hanno perso il posto, ma anche da militanti semplici che non hanno mai chiesto nulla, che si sentono disorientati, disillusi, che non si sentono più parte di un progetto. E che sarebbe un grosso errore derubricare a rompiscatole di cui si può fare a meno».
Salvini nel suo intervento ha detto che si può discutere su tutto, ma su due cose non si può tornare indietro: la Lega partito nazionale e l’Alberto da Giussano nel simbolo. È d’accordo?
«La Lega dal respiro nazionale è stata ed è un’intuizione giusta, che ho condiviso fin dal primo momento. Al tempo stesso dobbiamo tornare ad essere il “sindacato del territorio”, usando una citazione di Roberto Maroni. Dobbiamo tornare ad essere la forza politica che difende la propria terra e la propria comunità a seconda di dove opera. Questa è fin dalle origini la nostra vera anima. La Lega Lombarda non può essere solo il megafono della politica nazionale, ma deve parlare di più di temi identitari».
Ci fa un esempio?
«Gliene faccio due. Le buste paghe al Nord non bastano più per vivere. Non dico di tornare alla battaglia delle gabbie salariali, ma certamente la Lega deve trovare il modo di tarare gli stipendi in base al costo della vita, con buste più “pesanti” nei territori dove la vita costa di più. Il secondo riguarda la difesa del sistema economico lombardo. Siamo la prima regione manifatturiera d’Europa e dobbiamo usare questa posizione per fare rete con le altre regioni europee al fine di influenzare le decisioni della Commissione europea».
E sui simboli?
«Io sono contro la cultura della cancellazione e a maggior ragione dobbiamo tenere viva la nostra storia e i nostri simboli a partire dal Sole delle Alpi e dal Va Pensiero. In Piemonte fanno ancora una celebrazione sul Monviso. Sarebbe bello se anche il Veneto ricordasse Venezia...».
Senatore non è che vuol tornare alla secessione? Lo chiediamo perché il suo è stato un discorso molto identitario. Guardando Salvini ha detto: «Matteo, se non parliamo più del Nord, al Nord non ci votano più». Cosa intendeva con questa frase?
«Che se da un lato è giusto non vivere di nostalgie, dall’altro la Lega deve stare attenta a non snaturarsi».
Ok, ma come si fa a conciliare la Lega nazionale con la salvaguardia dell’identità e la difesa dei territori?
«Prendendo spunto da modelli esistenti in alcuni Paese europei. Prenda per esempio la CSU Bavarese, che è una forza identitaria del territorio, ma che allo stesso tempo appartiene alla famiglia dei cristiano-democratici tedeschi della CDU. In questo senso la Lega Lombarda, che appartiene alla famiglia della Lega Salvini Premier, dovrà avere una sua autonomia politica territoriale».
Secondo lei la Lega è più di destra o di centro?
«Nell’immaginario collettivo la destra è rappresentata dalla Meloni. Il centro da Forza Italia. La Lega, invece, è sempre stata considerata il partito del territorio, identità che abbiamo un po’ smarrito. Presi come siamo stati nel cercare un nuovo spazio politico, ci siamo dimenticati di coltivare il nostro. Se non riprendiamo il concetto di sindacato del territorio, rischiamo di diventare la copia degli altri e tra la copia e l’originale, sappiamo tutti che gli elettori scelgono l’originale».
Sempre durante la sua relazione congressuale, ha lanciato l’idea di una corrente nordista.
«Io credo che, se ben gestita, possa essere funzionale ad aumentare il nostro potere contrattuale con Roma. In passato se non avessimo parlato di secessione e indipendenza, credete davvero che a Roma avrebbero inserito in costituzione l’Autonomia? E poi, mi scusi, anche Forza Italia ha lanciato una corrente nordista.
Con tutto il rispetto, non vorremmo mica lasciare a loro questo spazio politico...».
Si è detto che lei e chi la supporta sareste contro Matteo Salvini...
«Nulla di più falso. Noi della comunità leghista dobbiamo avere rispetto per Salvini, così come lo abbiamo avuto per il fondatore, Umberto Bossi e per Roberto Maroni. Noi siamo qui oggi per dare idee e spunti di riflessione a Matteo in vista del congresso federale del prossimo anno. Anzi, ne lancio una subito: organizziamo una due giorni così come, proprio su idea di Salvini, abbiamo fatto in Lombardia all’epoca di Maroni. Ci siamo seduti a parlare ed è uscita, tra le altre, l’idea dei nidi gratis. In questi anni, complice anche la pandemia, abbiamo perso l’abitudine di parlarci e ragionare. Facciamolo e discutiamo insieme del momento che sta attraversando la Lega».
Un’ultima cosa: ha detto di essere andato a trovare Bossi. Come l’ha trovato?
«Ci sono andato il primo dicembre per dirgli che mi candidavo alla guida della Lega Lombarda. Ogni tanto due chiacchiere col Capo fanno bene».