Trappola
Meloni e Mattarella, i video-truffa: "Incassi 40mila euro al mese", oscurati sei siti
“Deepfake”. La parola è inglese (come spesso accade alla terminologia informatica) ed è anche di difficile traduzione: letteralmente è la somma di “deep”, profondo, e “fake”, falso; in sostanza sta a indicare dei filmati, più o meno lunghi, con immagini però totalmente irreali, spesso catturate da internet, rubacchiate qua e là da profili privati o da siti di informazione o dove capita, rielaborate dall’intelligenza artificiale, usate truffaldinamente dagli imbroglioni telematici per indurre chi le guarda a comprare qualcosa oppure a fare investimenti che nemmeno esistono.
Nei giorni scorsi la Consob (la Commissione nazionale per le società quotate in borsa) ha deciso di oscurare sei piattaforme on-line che promettevano immensi guadagni, a fronte di piccoli finanziamenti, grazie all’utilizzo di due “deepfake” particolari. Il volto (le movenze e la voce) del presidente della repubblica Sergio Mattarella e ancora il volto (le movenze e la voce) della premier Giorgia Meloni. Non era mai successo prima in Italia. O meglio, casi di “deepfake” sono accaduti eccome, di esempi ce ne sono molti, ma questa è la prima volta che hanno coinvolto personaggi istituzionali, tra l’altro con la promessa (o l’assicurazione) che il servizio offerto avesse già incamerato l’approvazione ufficiale del governo.
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Chiariamo subito: in tutta questa storia Mattarella e Meloni sono, ovviamente, vittime. C’entrano zero, se non nel fatto che qualche malintenzionato li ha messi in mezzo, giocando sulla buonafede di chili avrebbe visti e avrebbe pensato a un’operazione totalmente legittima, con tanto di appoggio da parte del Quirinale o di Palazzo Chigi. La finta Meloni, per esempio, ripresa con la bandiera tricolore dietro in quello che sembra a tutti gli effetti un videomessaggio di rito, chiedeva un deposito iniziale di 250 euro per accedere a un fantomatico «reddito garantito da 40mila euro al mese», appoggiato a un sistema «che ha ottenuto la licenza dallo Stato» oltre che dalla Banca di Italia e in grado, quindi, «di cambiare la vita per sempre» a chi ne avesse fatto richiesta.
Non era vero niente, non c’è mai stato nessun “maxibonus”: si è trattato né più né meno di un raggiro ben orchestrato e che ha fatto suonare un campanello d’allarme significativo dato che ha tirato in ballo figure istituzionali di primo piano. Una sorta di salto di qualità (se è lecito parlare di qualità in azioni disoneste del genere, ma che ci sia una buona dose di competenze digitali è indubbio) rispetto a video simili che, in passato, hanno interessato celebrità e nomi noti come Chiara Ferragni o Gerry Scotti.
Epperò anche un fenomeno che, proprio in virtù delle sue potenzialità, è seguito costantemente dalla Consob (per fortuna) la quale, da marzo, ha per legge il potere di decretare lo spegnimento di siti che si fanno beffe dei malcapitati che ci finiscono dentro con «campagne pubblicitarie relative a servizi finanziari privi di autorizzazione»: la norma è stata applicata, per la prima volta, in questa vicenda.
Tra l’altro le manoleste del “deepfake” hanno fatto, questa settimana, un’altra vittima governativa: il ministro della Difesa Guido Crosetto che, recentemente, in una trasmissione televisiva, ha denunciato come la sua faccia fosse «stata usata per una truffa: sono cose molto brutte, dovremmo fare molta attenzione. Ci possono essere utilizzi pericolosi dell’intelligenza artificiale».
Crosetto ha centrato il punto: l’intelligenza artificiale, l’ai (l’acronimo, ancora una volta, è quello di un inglesismo: “artificial intelligence”), è uno strumento. Utile sicuramente (basti pensare al suo impiego in campo medico), ma che può diventare assai problematico se messo nelle mani sbagliate. E l’aggravante è che queste che sono a tutti gli effetti delle trappole si fanno via via sempre più sofisticate: a febbraio, a Hong Kong, una video-conferenza taroccata, creata di sana pianta dall’ai, ha ricreato le fattezze del direttore di una società finanziaria e indotto un dipendente a spostare dei fondi per una cifra mostre di 23 milioni di dollari. «Io ero convinto che tutti capissero che potesse trattarsi di una truffa», ha precisato Crosetto, «mentre mi sono reso conto che ci sono molte persone che pensano magari sia vero. La cosa incredibile è che dopo tre minuti il filmato che mi ritraeva è stato rimosso, ma dopo un’ora ne è comparso un altro».