Mister Fisco
Ruffini si dimette dall'Agenzia delle Entrate: "Non scendo in campo", poi la bordata contro Meloni
Finita una telenovela (breve), ne inizia forse un'altra: Ernesto Maria Ruffini si dimette dalla direzione della Agenzia delle Entrate, come richiesto da più voci nella maggioranza dopo le indiscrezioni di stampa che lo volevano prossimo leader dei centristi vicini al Pd. Ma non scioglie fino in fondo le riserve sul suo futuro in politica. Soprattutto perché sceglie di mandare un messaggio piuttosto duro nei confronti della premier Giorgia Meloni.
L'annuncio lo dà lo stesso Mister Fisco in una intervista al Corriere della Sera: "Sì, l'ho già fatto. Mercoledì ho visto il ministro Giorgetti per avvertirlo dell'intenzione di rimettere il mandato e consentire così il regolare passaggio di consegne con chi sarà chiamato a succedermi", spiega. Ma risponde con un "no" a chi gli chiede se davvero scenda in campo. "Ci sono domande a cui si risponde con un sì o con un no. E la mia risposta è no. Avevo già smentito dopo i primi articoli di stampa. Lo ripeto". "Non condivido - prosegue - il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette e il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte".
Ha deciso di dare le dimissioni "perché è l'unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l'uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l'incarico. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze". Non è giusto? "Ne prendo atto - risponde ancora Ruffini - Ma in tutti questi anni non mi era mai accaduto".
Ruffini parla del suo mandato all'Agenzia delle Entrate come di "anni impegnativi" che "hanno richiesto tante rinunce personali e familiari. Ma ogni cosa giunge a un termine, che non sempre - osserva - è quello prefissato". "Non essendo attaccato alle poltrone, non ho mai considerato il mio ruolo come una posizione da occupare ma come un incarico da svolgere con lealtà, per servire non un partito o una parte politica ma le istituzioni, lo Stato, indipendentemente da chi sia al governo. E' questa convinzione generale, che - osserva ancora - pensavo riconosciuta e condivisa, che mi ha aiutato a sostenere il peso".
Sul ruolo di "federatore" del centrosinistra sottolinea: "Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria - rileva - non è un buon affare. Dovremmo smetterla di considerare la politica come una partita a scacchi o un gioco di potere, perché dovrebbe essere un percorso fatto di discussioni, grandi ideali, progetti, coinvolgimento. Non un talent show culinario per selezionare uno chef in grado di mescolare un po' di ingredienti, nella speranza che il piatto finale sia buono. Altrimenti si alimenta il distacco dei cittadini dalla politica. E si costruisce un futuro peggiore".
"Per i valori con cui sono cresciuto - spiega Ruffini - politica vuol dire innanzitutto avere a cuore la comunità in cui si vive. Un'avventura collettiva fondata su rispetto, dialogo e soprattutto partecipazione, perché ci si può impegnare anche senza avere ruoli, per semplice senso civico: non occorre diventare giardinieri per prendersi cura dell'aiuola davanti a casa". A chi gli chiede se dunque si occuperà di politica in questo modo, Ruffini spiega: "Penso che questo sia un diritto e un dovere di ogni cittadino. Quindi anche mio".
Quindi la polemica diretta con la premier: "Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l'Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore". "Attenzione però, se il Fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato, tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l'Agenzia". "Personalmente - rimarca - ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori". "Ho cercato di fare il possibile - riprende Ruffini in un altro passaggio dell'intervista - affinché, anche grazie alla tecnologia, fosse più facile individuare gli evasori, abbassare la pressione fiscale e cosi' pagare meno tasse. Oggi dal punto di vista tecnico questa possibilità c'è. Comunque, spetta alla politica decidere come e dove spendere le risorse. E se quelle a disposizione aumentano ma i soldi non bastano mai, forse - annota - dobbiamo iniziare a porci qualche domanda sul modo in cui vengono impiegati". Errori? "Ne avrò fatti tanti, come tutti. Certamente - rivendica allora Ruffini - non quello di parlare di senso civico e di equità fiscale".