La sentenza di Milano
Ilaria Salis, occupare si può: assolti gli amici dell'eurodeputata di Avs
Da ieri occupare una casa popolare sarà più facile e pure meno rischioso in termini di pena da scontare. La Corte d’Apello del Tribunale di Milano ha assolto dall’accusa di associazione a delinquere perché «il fatto non sussiste», i nove antagonisti del “Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio”. Si tratta dell’indagine che nel 2018 venne denominata “Robin Hood” perché trattava di attivisti che occupavano le case Aler del quartiere non per loro, ma per “passarle” a persone che secondo loro ne avevano diritto. Un’attività partita nel 2014 e conclusasi nel 2018 con l’arresto (ai domiciliari) degli antagonisti.
L’inchiesta nel processo di primo grado aveva portato a condanne per i 9 attivisti, di età compresa fra i 34 e i 68 anni, che andavano da un massimo di 5 anni 5 mesi a un minino di un anno e 7 mesi. Quelle pene, però, sono state quasi del tutto cancellate dal processo d’Appello. I giudici, oltre ad assolere tutti per il reato più grave- quello di associazione a delinquere - hanno notevolmente ridotto anche le pene afferenti agli altri reati, rideterminandole con al massimo un anno di detenzione. «Dopo sette anni questa sentenza restituisce un pezzo di verità- hanno commentato gli avvocati della difesa -: il comitato di abitanti Giambellino-Lorenteggio è stato tante cose fuorché un’associazione per delinquere».
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Insomma, proseguono i legali dei nove antagonisti, i giudici hanno smontato la tesi dell’accusa secondo cui il comitato si sarebbe sostituito «allo Stato nell’assegnazione delle case»; al contrario «sopperiva a alle carenze dello Stato in un quartiere difficile». Secondo l’accusa, invece, pur riconoscendo che l’associazione non agiva a scopo di lucro, aveva asserito che avrebbe avuto come scopo comune «una propagandata “giustizia sociale” a tutela del diritto alla casa, volta a creare una soluzione d’emergenza abitativa, parallela e contrapposta a quella offerta dalle Istituzioni». Sempre secondo l’accusa i 9 si sarebbero adoperati «con mezzi leciti e illeciti per impedire gli sgomberi di immobili abusivamente occupati e per combattere le istituzioni a colpi di occupazioni delle case popolari».
Un’ipotesi che aveva fatto breccia in primo grado, ma che non è stata condivisa nel processo d’appello. Per capire meglio i contorni della vicenda bisognerà aspettare il deposito delle motivazioni della sentenza. Al momento resta l’amaro in bocca per una decisione che può fare giurisprudenza e che, almeno all’apparenza, potrebbe ridare fiato a chi pensa sia normale buttare giù le porte degli appartamenti non assegnati per inserirvi persone “scelte” con criteri che non sono quelli delle graduatorie stilate dagli enti (Comune di Milano e Regione Lombardia) che si occupano di case popolari. Se questo andazzo diventasse la prassi, potrebbero moltiplicarsi le occupazioni abusive che già oggi pesano su Aler Milano per una quota che si aggira attorno alle 2.600 abitazioni (su un totale di oltre 70mila) tolte senza diritto a chi invece quel diritto ce l’ha. Per non parlare di un altro incubo che potrebbe rimaterializzarsi proprio nel quartiere Lorenteggio-Giambellino: quello delle case occupate mentre gli abitanti sono a fare la spesa o al lavoro.
Infine va notato che la tesi difensiva, apparentemente sposata dai giudici, è esattamente quella che un’altra attivista per la casa, l’europarlamentare di Avs, Ilaria Salis, porta avanti senza tentennamenti. Non a caso uno dei primi commenti alla sentenza è arrivato proprio da lei: «Processo Giambellino, cade il reato di associazione a delinquere. Un precedente positivo, importante per tutti i movimenti. W la lotta per la casa!». Aler non commenta la sentenza, verosimilmente preferendo prima leggerne le motivazioni.
Chi parla è invece l’assessore regionale alla Casa e all’Housing sociale, Paolo Franco: «L’impegno di Regione Lombardia, ancora una volta, è testimoniato dagli sforzi concreti ingenti che si stanno mettendo in atto per contrastare l’abusivismo di coloro i quali si appropriano di un bene pubblico senza averne diritto e togliendolo a chine avrebbe necessità oltre che legittimità. Non intendiamo arretrare su questo punto- prosegue l’assessore -, anzi continueremo a mettere in atto azioni concrete e strategiche per fare in modo che il fenomeno dell’abusivismo sia sempre più emarginato e prevalga la legalità di coloro i quali pagano e hanno diritto per stare negli immobili popolari».