Grillini
M5s, l'identità del partito si era già squagliata passando dalla Lega al Pd
È bastata la macchina funebre per materializzare la commedia grillina. Un carro funebre, un comico che lo guida accusando il suo avversario senza mai chiamarlo per nome come un tempo il Beppe era solito fare con ben altri avversari. Oggi però la sfida si gioca dentro casa, contro Conte il “Mago di Oz”. Potevano essere una coppia divertente come Vianello e Tognazzi becchini in Una domenica bestiale, e invece diventa Weekend col morto in attesa delle votazioni dei prossimi giorni. Si presenta alla guida della macchina per celebrare il funerale del Movimento ormai partito politico e nel contempo per annunciare un battesimo, una nuova idea che però già odora di vecchio. Poteva limitarsi alla sola scena di lui che guidava il carro funebre, che guardava in camera sornione per poi uscire dall’inquadratura senza proferire parola perché davvero non c’è più nulla da aggiungere. Una specie di film muto dopo la scorpacciata di parole.
Invece parlano, parlano, parlano... Vogliono aggiungere, spiegare, darsi addosso e procurar battaglia su statuti, simboli e nomi. Vien da domandarsi perché adesso e non prima, quando erano saliti sul carro (sic) del Pd con Renzi e poi quello di Mario Draghi con tutti al seguito, dal Pd a Forza Italia, dalla Lega a Speranza. Una specie di Famiglia Adams: impensabile se si riavvolge il nastro della breve e intensa storia pentastellata. Eppure furono loro due, Grillo e Conte, a trattare col banchiere centrale, uno dei bersagli nei comizi dell’epopea grillina, e con Cingolani, divenuti “grillini come noi”.
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CHE PARABOLA
Se dunque c’era un funerale da celebrare era esattamente allora quando il Movimento in soli cinque anni di legislatura zampettava dal governo sovranista e populista a quello europeista con il Pd e banda al seguito, e poi ancora all’esecutivo di responsabilità allargato a tutti quanti eccetto Fratelli d’Italia e pochi parlamentari attrezzati per fare opposizione. Eppure allora, Beppe, non inscenò alcunché, né tantomeno si lamentò di un Movimento che ormai aveva già smarrito identità e dignità. Venne il tempo del contratto da 300mila euro e, per chi ci credeva ancora, fu un po’ come chiudere la bara e seppellire ogni sogno residuale.
PARENTI SERPENTI
Ora restano le schermaglie degli eredi, i dispetti da “parenti serpenti” che si affronteranno a colpi di avvocati e di pareri, di ricorsi e controricorsi, di sentenze che si perdono nel tempo ma che tornano buone nella speranza di farsi un dispetto. Il carro funebre passa sotto gli occhi anche di quei tantissimi elettori che speravano che quella strana creatura potesse davvero rompere le incrostazioni e le relazioni che bloccano l’Italia: quel 33 e rotti per cento non chiedeva di rifare l’Italia ma almeno di disfare quella ingiusta, corrotta ed arrogante. Non sarà Beppe a ricomporre sogni, così come non sarà Conte a rimettere in piedi un qualcosa che si è afflosciato. Dietro il corteo funebre richiamato da Grillo ci sono piagnistei e opportunismi. E qualche voto che, offerto al miglior offerente, può generare ancora una rendita. Poca roba se si pensa che di malcontento ce n’è assai, che l’astensionismo non è solo quella piaga che straccia le vesti di politici e commentatori fintanto che non arrivano i risultati di chi a votare ci va ancora. Ecco, quando arrivano i dati dei seggi comandano quelli e tutto torna a girare su quei numeri. Anche se sono palliducci.