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Antonio Tajani: "Nessuna guerra nel Centrodestra. A Salvini dico: lavoriamo insieme"

Mario Sechi

Regna la pace al Circolo degli Esteri, le guerre della politica romana sono così, una sonnolenta congiura. Va avanti dai tempi di Cesare, solo che nel caso della crisi del Centrodestra il pugnale non si vede. Illusione o realtà? L’ho chiesto a Antonio Tajani, ministro degli Esteri berlusconiano post-Cavaliere.

Ministro Antonio Tajani, com’è il clima nella maggioranza?
«È più che positivo, c’è sempre un accordo complessivo sulle cose da fare. Riduzione della pressione fiscale, sostegno al ceto medio, lotta all’immigrazione irregolare, rapporti con gli Stati Uniti. Poi siamo partiti diversi, è ovvio, ognuno ha una propria identità, ma questa è una risorsa. E a volte sì, ci sono delle discussioni, ma questo non inficia la coalizione, è una ricchezza. Abbiamo soltanto bocciato un emendamento perché utilizzare 430 milioni per finanziare la Rai mentre può esserci un canone che costa 50 centesimi a ogni cittadino italiano? Quindi meglio utilizzare questi 430 milioni per aumentare le pensioni, per ridurre l'Irpef o magari ridurre le liste d'attesa negli ospedali. Non si illuda la sinistra che per un emendamento che non abbiamo votato ci siano problemi nella maggioranza».

Dunque non è ancora passato a sinistra?
«Da quando ho 12 anni sono schierato sempre dalla stessa parte. Ma possono esserci delle opinioni diverse, sulla Rai ho sempre detto che eravamo contrari, costava molto e non portava alcun beneficio reale al cittadino. Noi siamo sempre stati leali».

 

 

 

Rapporti personali con Salvini?
«Nessun problema personale. Non c’è e non voglio fare nessuna guerra, credo in questa coalizione e dobbiamo rinforzarla. Questo non significa non dire ciò che si pensa, e proprio perché voglio allargare i confini della coalizione, io vado a cercare i consensi tra coloro che stanno tra gli schieramenti di Meloni e Schlein. Questo è il mio obiettivo, la visione di Forza Italia è chiara».

C’è bisogno di più momenti di dialogo tra i leader?
«Sì, credo sia importante vedersi il più possibile, dovremmo ritagliarci più tempo per confrontarci, per parlare, fare delle scelte comuni. Perché a volte possono esserci delle piccole incomprensioni proprio perché non riusciamo a parlare a lungo».

Siamo a un punto di svolta della legislatura?
«Abbiamo superato i primi due anni, le cose sono andate bene. Economia, occupazione, Borsa, i giudizi dell’Europa sono positivi, le tranche del Pnrr vengono approvate, siamo centrali nella politica estera, come testimonia l’elezione di Fitto. Dobbiamo fare anche altre cose».

Il ceto medio si aspetta un taglio delle tasse.
«Dobbiamo continuare a diminuire la pressione fiscale, lavorare sulle aliquote Irpef».

Sul Fisco avete un piano?
«Puntiamo sulla riduzione dell’Irpef, bisognerebbe continuare anche sulla Flat Tax e lavorare sull’innalzamento delle pensioni minime. Si deve intervenire sull’Iva nel terzo settore e sulla Sanità per ridurre le liste d’attesa. E poi l’altro punto al quale tengo in maniera particolare è il sostegno all’industria, benissimo ha fatto il governo a tagliare il cuneo, ma bisogna anche detassare i guadagni che poi vengono reinvestiti».

Ci sono i margini per fare tutto questo?
«Cominciamo a lavorarci, quello che non si può fare adesso, si farà l’anno prossimo. Non possiamo non puntare sull’industria e l’economia reale, siamo la seconda manifattura d’Europa e il quarto esportatore mondiale. Bisogna avere una strategia di politica industriale per i prossimi due anni e mezzo. Lo dico da ministro competente, il giro d’affari dell’export vale 626 miliardi, io vorrei arrivare alla fine della legislatura a 700 miliardi di business. Ma serve una strategia di politica industriale».

Cosa vorrebbe chiedere al premier?
«Di dar vita a una politica industriale italiana integrata con l’Europa, tenendo conto che c’è stata una scellerata politica ambientale. Serve il nucleare per competere a livello mondiale. Senza rinunciare alle fonti rinnovabili, ma la soluzione è il nucleare. Ci vorrà qualche anno, un governo non deve fare solo scelte tattiche, ma anche strategiche. Le grandi questioni sono energia, burocrazia e green economy».

La nuova Commissione europea è l’occasione per cambiare rotta?
«Le cose cambieranno, sono già cambiate perché ci sono 15 commissari del Partito popolare europeo e in più c’è Raffaele Fitto».

Che ha avuto il vostro sostegno.
«Noi ci siamo battuti dando un contributo determinante, facendo scudo al governo italiano - dove c’è Forza Italia- non è solo una questione di simpatia e stima nei confronti del Presidente del Consiglio. Ho fatto tutto ciò che potevo, ho messo in campo la mia storia trentennale a Bruxelles, ci ho messo tutta la mia esperienza e anche per questo Raffaele Fitto è diventato vicepresidente e ha un portafoglio di qualità. Così il contributo dell’Italia diventa determinante in Europa, abbiamo acquisito un ruolo fondamentale su molti palcoscenici e credo che l’Italia possa essere anche un ottimo ambasciatore dell’Europa a Washington».

Cosa cambia con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca?
«Mi auguro che non cambi assolutamente nulla. Noi siamo alleati storici degli Stati Uniti. È un’alleanza costruita sulla presenza di milioni di italiani che hanno contribuito alla crescita dell’America e a tenere aperto il ponte tra Roma e Washington. I governi italiani hanno lavorato benissimo con Reagan e con Bush, così come con Obama e con Biden. Anche con Trump lavorammo bene. Io non credo che bisogna avere paura della nuova amministrazione americana, perché è composta da persone che hanno intelligenza e esperienza».

Ha programmato il viaggio a Washington?
«Ci andrò il prima possibile, anche per parlare dei dazi».

Si parla di colloqui tra Francia e Regno Unito per inviare truppe in Ucraina. Lei cosa ne pensa?
«Siamo contrari, noi non manderemo nessun soldato italiano a combattere in Ucraina. Noi difendiamo il diritto internazionale e siamo fermissimi negli aiuti a Kiev - ricordo che la prossima conferenza per la ricostruzione si farà a luglio in Italia - ma noi non siamo in guerra con la Russia. Per questo non abbiamo mai dato l’autorizzazione a usare armi italiane in territorio russo».

Aumenteranno i contributi alla Nato?
«La Nato rappresenta il consolidamento dei rapporti tra l’Europa e gli Stati Uniti. E noi non dobbiamo essere il fratello povero, ma un altro pilastro, per questo parliamo di difesa europea. È giusto aumentare le spese per la Nato, ma noi siamo in una condizione particolare: da una parte abbiamo i vincoli del Patto di stabilità sul debito e dall’altra abbiamo la richiesta di aumentare la spesa per la Nato».

Soluzione?
«Escludere dal Patto per la stabilità le spese per la difesa. Bisogna ricordare, inoltre, che dopo gli Stati Uniti siamo il Paese che impegna più uomini e mezzi nelle missioni Nato, anche questo deve essere calcolato».

Cosa le chiedono gli elettori di Forza Italia?
«L’altro giorno durante un incontro una persona mi ha detto: “C’è voglia di centro”. Gli elettori vogliono una forza seria, credibile, responsabile. Ci chiedono di fare questo, di creare una forza liberale, riformista, garantista, europeista, atlantista, alleata della destra».

 

 

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Aprirà il partito ad altri ingressi dalla società civile?
«Certamente, lo dirò al Consiglio nazionale convocato per il 13 dicembre. Abbiamo salvato il partito dopo la morte di Silvio Berlusconi, nelle elezioni regionali otteniamo risultati lusinghieri, anche in Umbria e in Emilia Romagna, nonostante le sconfitte. Non basta, nel voto europeo puntavamo al 10% e ci siamo riusciti, ora dobbiamo fissare l’obiettivo del 20% alle prossime elezioni politiche, possiamo raggiungerlo se facciamo una sorta di rivoluzione copernicana. Il partito non può essere più quello del leader, non c’è l’erede di Berlusconi».

Berlusconi è senza eredi per definizione, ma allora come cambierà il partito?
«Gli eredi di Berlusconi sono tutti gli elettori di Forza Italia, dobbiamo creare un partito partecipato, che sia in grado di aprirsi e per questo abbiamo fatto la stagione dei congressi, siamo passati da 100 mila a 150 mila iscritti, faremo i congressi locali, rafforzeremo l’organizzazione nazionale, le maglie del partito devono essere più strette. E voglio aprire alla società civile, al mondo delle imprese, al mondo della cultura, voglio recuperare gli ex elettori democristiani e socialisti che, con il Pd di Schlein che si sposta sempre più a sinistra, sono senza casa. Vorrei dare loro una dimora».

Come sono i suoi rapporti con la famiglia Berlusconi?
«Sono amico di Piersilvio e Marina da quando erano giovanissimi, così come degli altri fratelli. Con la famiglia abbiamo rapporti ottimi, ci sono sempre vicini. Sono degli amici, semi danno un consiglio lo accetto con piacere anche quando ci sono delle critiche - ma non mi hanno mai chiesto di fare alcunché. Non esiste l’ipotesi, per mio carattere, che ci possano essere dei condizionamenti legati ad interessi. Non è vero che ci venne chiesto di intervenire sugli extra profitti dalla famiglia Berlusconi, come non ci è stato chiesto di intervenire sulla questione del canone Rai o delle banche».

Quindi l’iniziativa di Unicredit su Bpm le va bene?
«Sono per il libero mercato, in qualsiasi direzione vada. Io voglio difendere l’italianità del sistema bancario. Anche l’operazione Commerzbank in Germania è libero mercato, è la Banca centrale europea che deve vigilare. Io sono neutrale, le mie parole sul libero mercato non devono essere interpretate come una scelta di campo. Se nasce il Terzo Polo, per me va benissimo, non sono io che devo decidere».

Un messaggio per Salvini?
«Lavoriamo insieme. Io sono convinto che Matteo sia una grande risorsa per il centrodestra e fa benissimo il ministro dei Trasporti. Abbiamo forse caratteri diversi, lui è di Milano io sono un po’ più terrone (ride), il centrodestra è variegato e questa è una forza».

Un messaggio per Meloni?
«Giorgia è un’amica. È una persona leale - se dice sì è sì e se dice no è no - abbiamo discusso, ci siamo confrontati e abbiamo anche litigato tante volte, ma siamo entrambi romani e parliamo la stessa lingua».

Un messaggio per una persona che lei conosce, Antonio Tajani.
«Continuare a realizzare il sogno di Berlusconi, tramandare le sue idee. Non possiamo rifare quel partito, ma creare una forza politica che cammina sulle idee di Berlusconi: la libertà, la centralità della persona, la difesa dell’ambiente con l’uomo al centro. Non rinnegare mai le sue idee, questo devo ricordare a me stesso».

Il governo arriverà alla fine della legislatura?
«Gli elettori ci hanno votato per fare questo, le discussioni rafforzano il governo, non lo indeboliscono. Possiamo avere delle idee diverse, ma la nostra solidità si basa su una storia di trent’anni, siamo un’alleanza politica, non una coalizione elettorale. Lavoriamo per l’autonomia, il premierato, la giustizia. Sono riforme fondamentali».

Un appello agli alleati?
«Lavoriamo insieme, chiederò loro di comprendere le esigenze di un elettorato diverso. Tutto quello che dico non è mai contro, ma per costruire qualcosa. Io sono una persona leale, lo diceva sempre Berlusconi, “meglio leale che fedele”. L’importante è la solidità di questo accordo».

La parola d’ordine è pace?
«La guerra tra noi non c’è mai stata».