Nel mirino

Andrea Delmastro, i boss intercettati in carcere: "Un infame che deve cadere"

Pietro Senaldi

Un uomo si giudica dai suoi nemici» insegna il navigatore e scrittore britannico Joseph Conrad. Il sottosegretario alla Giustizia con delega all’Amministrazione Penitenziaria, Andrea Delmastro Delle Vedove, avvocato penalista biellese da generazioni nonché segretario provinciale del Movimento Sociale già all’età di sedici anni, ha molti nemici, di svariata tipologia. Alcuni sono politici, e anche se sono quelli che fanno più rumore, alla fine sono i più innocui. Chiedono le dimissioni dell’esponente di Fratelli d’Italia da due anni senza ottenere il minimo risultato. Altri hanno parecchi ergastoli sul groppone. Sono i detenuti di mafia, camorra e ‘ndrangheta condannati al 41bis, il carcere duro, ai quali il sottosegretario ha dichiarato guerra. Non rilasciano dichiarazioni pubbliche, ma quando parlano di te tra di loro, c’è da avere paura.

Delmastro è tornato nell’occhio del ciclone da un paio di giorni. In settimana ha presentato la nuova autovettura blindata in dotazione alla polizia carceraria per trasportare i criminali sotto regime di alta sicurezza. «Provo gioia nel vedere sfilare questo mezzo che dà prestigio al gruppo operativo mobile e nel far sapere ai cittadini che non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro» ha confidato il sottosegretario nell’occasione a chi gli stava accanto.

Ne è immediatamente venuto fuori un caso politico, con richieste di dimissioni da parte di tutto l’emiciclo sinistro, accuse di sadismo e una mozione di censura annunciata da Italia Viva. A beneficio di chi legge, urge a questo punto precisare che nell’abitacolo delle suddette vetture si respira senza problemi e che il deputato di Fdi ha utilizzato una metafora. Chi ne ha chiesto la testa stracciandosi le vesti lo sa bene, ma ritiene opportuno fingere di ignorarlo. «Sono incredulo», commenta il protagonista. «Il significato della mia frase è inequivocabile: non ho detto che godo nel soffocare i mafiosi ma che non molleremo mai la presa nella lotta alla criminalità organizzata e che sono orgoglioso di dimostrarlo di fronte agli italiani. Mi chiedo se i miei avversari politici, che tanto mi criticano, vogliano invece far respirare la mafia e che cosa li scandalizzi della determinazione del governo a incalzare Cosa Nostra».

 

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Delmastro vive stretto in una morsa. Da una parte l’opposizione, che lo incalza, dall’altra i delinquenti, che vorrebbero che in un modo o nell’altro si levasse di torno. I primi, attaccandolo politicamente, fanno il gioco dei secondi. «La sinistra è bravissima a stravolgere la realtà, al punto che arriva a crocifiggere chi contro la mafia ha fatto cose che in passato nessuno aveva mai osato» rivendica il sottosegretario. «La lezione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino», prosegue nel suo ragionamento con Libero, «è che il carcere ostativo è il solo strumento efficace contro la mafia. Il mio obiettivo è rendere impossibile qualsiasi infiltrazione o passaggio di notizie nel 41bis; e ce n’erano. Credo che i boss detenuti si siano accorti del cambio di passo di questo governo...».

E forse si teme che qualcuno passi alle contromisure, visto che il ministero ha aumentato il livello di protezione del deputato di Fdi, ora un gradino sotto la fascia di massima allerta. «Mi hanno dato due macchine corazzate, mi pare di muovermi dentro un carro armato» commenta Delmastro, «avverto un clima cambiato intorno a me, c’è più tensione, estrema accortezza in ogni spostamento». Libero è venuto a conoscenza di un documento allarmante. Siamo a settembre, nel carcere di Terni, dove viene intercettato un colloquio tra Giovanni Cesarano e Giuseppe Graviano, entrambi detenuti al 41bis. Il primo appartiene a un’associazione camorristica delle più violente, responsabile tra le altre cose della strage di Sant’Alessandro, dove vennero uccise otto persone, e per aver ammazzato il giornalista Giancarlo Siani.

Il secondo fu un luogotenente di Totò Riina, nonché un celebre delatore di Silvio Berlusconi. «Delmastro è un infame, è il prossimo che deve cadere; vediamo...», questa la frase rivolta da Cesarano al boss siciliano. Da qui, l’innalzamento dei livelli d’allerta. Fonti ministeriali confermano il tutto. «Su questo non posso rilasciare commenti», risponde il sottosegretario, raggiunto telefonicamente. «Posso solo dire che quanto sarebbe emerso non mi intimorisce ma mi fortifica nella sensazione di essere nel giusto. Sono contento di non dare tregua alla mafia. Chi mi attacca a sproposito dovrebbe rendersi conto della pericolosità delle persone con cui ho a che fare. È evidente che i detenuti al 41bis non gradiscono di non poter più fare cose che in passato erano loro in qualche modo consentite. Quanto alla sinistra, mi pare che non accetti che un esecutivo di centrodestra governi con le sue idee e non con quelle dei progressisti».

Non sono pochi in effetti i provvedimenti presi da Delmastro nei suoi due anni di incarico, specie in tema di lotta alla mafia. È stato rafforzato il personale dedicato ai detenuti in 41bis, sono stati aumentati e resi più frequenti i trasferimenti dei singoli da un carcere all’altro per rendere più difficili i contatti e stroncare ogni intelligenza con l’esterno, si è esercitata una stretta all’interno delle carceri, si vigila sul fatto che le celle restino chiuse. «Ma non finisce qui, stiamo lavorando ad altre misure» promette il sottosegretario a cui i boss riservano i loro minacciosi pensieri in carcere.