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Conflitto d'interesse del segretario dem dirigente medico
Con le lancette che corrono veloci verso le regionali di domenica e lunedì, la sinistra per chiudere la sua campagna elettorale in Umbria ha scelto di puntare su una strategia suicida: strigliare l’amministrazione di centrodestra guidata da Donatella Tesei sulla presunta mala-gestione della sanità. Mai favore fu più gradito. Perché considerando che cinque anni fa, ad aprile 2019, il Pd locale finì al centro di uno scandalo noto alle cronache proprio come “Sanitopoli”, qualsiasi elettore umbro starà pensando: «Ma da che pulpito». Il volto principale delle arringhe contro Tesei è quello del consigliere regionale dem Tommaso Bori che, insieme al grillino Thomas De Luca, non perde occasione per denunciare la carenza di fondi per la costruzione di un nuovo ospedale a Terni e il «declassamento» dei presidi Asl della Domus Gratiae (centro di riabilitazione), dell’ospedale di Narni e di quello di Amelia. Bori, quel mondo lì, lo conosce bene, quindi vale la pena di ascoltarlo attentamente.
Nelle aziende sanitarie è letteralmente di casa e i meccanismi di funzionamento dell’apparato li padroneggia alla perfezione. Compresi, come da tradizione dem, quelli che portano all’assegnazione dei posti. Bori oggi è un dirigente medico in igiene, epidemiologia e sanità pubblica. Come ricostruito da Libero, attualmente risulta in aspettativa per dedicarsi alla professione politica (ben più remunerativa, oltre il doppio rispetto ai circa 43mila euro annui previsti dal contratto collettivo). Strano, perché quel posto se l’è davvero sudato grazie alla partecipazione da record in due selezioni pubbliche. Entrambe vinte. Prima alla Usl Umbria 2 poi alla Usl Umbria 1. Come si evince dal suo cv online, che si ferma al 2019 senza menzionare il lavoro da dirigente, entrambi i concorsi li ha tenuti quando era già consigliere regionale d’opposizione. Da novembre 2021, Bori è anche vicepresidente della commissione Sanità. E, tralasciando la sovrapposizione tra controllato e controllore con un consigliere regionale sui banchi di un concorso regionale, quel prezioso posto di lavoro, che poteva andare ad un altro medico e a beneficio di tanti pazienti, è fin da subito rimasto in freezer.
L’unico colpo Bori l’ha battuto nel 2022, quandi, per prepaparsi il terreno per gli anni a venire post-politici, Bori si è scelto il posto di lavoro più vicino possibile a casa sua, anziché quello più gratificante da un punto di vista epidemiologico, ovvero la Conca ternana. Salutati tutti i colleghi della Usl 2, infatti, due anni fa è passato con gran nonchalance alla Usl 1, più vicino alla sua Perugia. Da allora, di atti sanitari firmati dal dottor Bori nella nuova sede di lavoro ne figura solo uno: quello presentato per “confermare” l’aspettativa. Ecco perché denuncia con cognizione di causa il malfunzionamento della sanità umbra: il primo effetto collaterale di un sistema che non funziona è proprio lui. Sì, lui, figlioccio politico di Giampiero Bocci, già sottosegretario agli Interni e gran visir del Pd umbro fino al fatidico 2019.
Nell’aprile di quell’anno, Bocci finì nello scandalo “Sanitopoli” che la stampa di sinistra non ha esitato a definire “scandalino” giusto per vi della circolazione di qualche mazzetta qua e là, nonostante persino Walter Verini, il commissario scelto dall'allora segretario Pd Nicola Zingaretti per traghettare i dem umbri, fece pubblica ammenda. Bocci finì agli arresti insieme a diversi dirigenti sanitari: il dg dell’ospedale di Perugia, Emilio Duca, e quello amministrativo, Maurizio Valorosi. Ma l’inchiesta non risparmiò nemmeno l'allora governatrice, la “rossa” Catiuscia Marini, inserita nel registro degli indagati con altre 34 persone e “costretta” alle dimissioni. L’indagine aveva rivelato come alcuni degli imputati avessero creato una rete per condizionare gran parte dei concorsi pubblici gestiti dall’Azienda ospedaliera di Perugia e da altre aziende sanitarie umbre, utile ad impartire direttive ai vertici aziendali di nomina politica affinché i concorsi venissero manipolati a favore dei candidati da loro indicati. Marini e Bocci erano accusati di falso ideologico e materiale, abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio. Proprio pochi mesi fa, a luglio, per questo “scandalino” l’ex presidente della Regione è stata condannata a 2 anni, Bocci a 2 anni e 7 mesi, l’ex assessore alla sanità Luca Barberini a 3 anni. Per Bocci, Barberini e Valentini è stata riconosciuta pure l’accusa di associazione a delinquere. Se la sinistra spera che gli elettori umbri si siano già dimenticati tutto ciò, vuol dire che ha davvero finito argomenti.