Rivoluzioni necessarie

Luca Zaia, il libro: "L'unità d'Italia si rafforza con l'Autonomia differenziata"

Luca Zaia

Pubblichiamo un estratto del libro di Luca Zaia dal titolo “Autonomia, rivoluzione necessaria”, nelle librerie da oggi, per gentile concessione dell’autore e dell’editore Marsilio (Collana Specchi)

Alcuni sostengono che l’autonomia minacci la coesione solidale che ci lega come una famiglia. Ebbene, io dico che è proprio pensando al concetto di famiglia che va sostenuta l’idea federalista. In quale famiglia, infatti, se ci si accorge che uno dei componenti vive una situazione di disagio, non ci si impegna tutti insieme per cercare una soluzione? La sperequazione che ancora esiste nel paese, anche sui diritti essenziali, è sotto gli occhi di tutti. È ormai giunto il momento di ammettere che il modello adottato finora, quello centralista, ha fallito. Si è voluto mantenerlo a tutti i costi, pur non essendo la strada indicata dalla Costituzione, creando le condizioni perché si sviluppasse senza criterio un sistema assistenziale paternalistico. Goccia dopo goccia è cresciuto, calcificandosi fino a diventare un gigantesco monolite, che ha di fatto impedito una gestione della cosa pubblica basata sulla programmazione, e arranca nel tentativo di contenere le disuguaglianze, con l’unico risultato di moltiplicarle.

Nonostante questa situazione a dir poco difficile, alcune regioni hanno innescato importanti processi di sviluppo economici e sociali. Quelle del Nord hanno visto crescere un florido tessuto produttivo, sfruttando la tradizionale intraprendenza, la maggiore vicinanza al cuore dell’Europa e le grandi vie di comunicazione continentali. Ma in altre zone del paese questo non può accadere, purtroppo, perché l’assistenzialismo centralista per molti anni non è riuscito ad andare oltre il mero tamponamento delle emergenze.

 

 

 

POTENZIALI IMMENSI
Per quanto anche i dati dimostrino che nessuna area del paese possa considerarsi una scommessa persa, se oggi l’Italia fosse un’azienda e venisse sottoposta a una valutazione imprenditoriale, il responso sarebbe infausto per diverse unità produttive, pur con potenziali immensi. Fortunatamente non siamo un’azienda che deve produrre profitto, ma un paese in cui ognuno ha il diritto e il dovere di fare la propria parte per il bene comune. Bisogna però riconoscere che non si fa il bene di nessuno continuando a portare avanti un modello che non funziona. È ora di invertire la rotta per poter dare ai cittadini soluzioni definitive e coerenti, che sappiano contemperare le esigenze di tutti i territori, da nord a sud, avviando rapidamente un piano per azzerare le disuguaglianze.

L’attribuzione di responsabilità è il passo fondamentale per creare condizioni di uguaglianza. Se ci pensiamo, è quello che accade in qualsiasi famiglia. Come sarebbe oggi la nostra società, se persistesse ancora la figura del «padre padrone»? Non è ammissibile un sistema in cui tutti i componenti della famiglia non siano mai messi in condizione di assumersi delle responsabilità e poter dare prova delle proprie capacità. Si creerebbe un clima asfissiante da cui tutti vorrebbero scappare, contestando e disobbedendo al capofamiglia, o si rassegnerebbero a vivere da individui totalmente deresponsabilizzati, senza mai crescere davvero. [...
] Per capire la differenza tra assetto centralista e autonomia, è utile ricorrere a un esempio, forse banale, ma chiaro, perché rimanda a un’esperienza comune. Da qualche tempo si può ritirare il passaporto presso gli uffici postali così come, ormai da anni, si possono pagare i bollettini presso le rivendite di sali e tabacchi. Si tratta, nei fatti, di una pura e semplice delega di competenze. Così come lo è l’autocertificazione che, dagli anni novanta, ogni cittadino può firmare, evitando di dover saltare da un ufficio all’altro per procurarsi un pezzo di carta. Chi si sentirebbe di contestare l’oggettiva utilità per i cittadini di simili provvedimenti, chiedendo per una questione di principio che tali servizi rimangano in capo agli uffici statali? Ma, soprattutto, qualcuno potrebbe azzardarsi a dire che i ministeri competenti sono venuti meno al proprio mandato, che il loro prestigio risulta indebolito o che sia diminuita l’efficienza delle amministrazioni nel momento in cui è palese che abbiano semplificato la vita dei cittadini?

 

 

 

CITTADINO-ISTITUZIONI
Qualsiasi disposizione volta ad avvicinare i servizi alla persona è parte di un processo di decentramento amministrativo, e quindi una forma di autonomia applicata. Chi non si accorge del disperato bisogno di questa evoluzione dimostra di essere disconnesso dalla realtà quotidiana. Mentre viene meno l’analogico, e il supporto materiale è sostituito dal digitale, nel necessario rapporto diretto tra cittadino e istituzioni il punto di riferimento sarà il più vicino amministratore locale. È una lezione che abbiamo appreso nei dolorosi giorni del Covid, la prova provata che l’autonomia può davvero funzionare. [...] La levata di scudi (contro l’autonomia, ndr), peraltro, poggia su basi quantomeno traballanti. Tanto per cominciare, nessuno intende concedere l’autonomia in modo indiscriminato, ma solo nella misura in cui il soggetto la richiede, in determinati ambiti e purché dimostri di poterla gestire e onorare. Poi, non si tratta di un provvedimento che si applica automaticamente in eterno, ma è soggetto a verifiche e, qualora si rilevi che non ci sono più le condizioni per attuarlo, viene revocato.

RISULTATI PIÙ POSITIVI
È un sistema che non toglie niente a nessuno, perché assicura che vi sia «più Stato» dove la sua presenza è necessaria, e «meno Stato» dove le condizioni permettono che si ritragga per lasciare spazio a forme di gestione autonoma. Ci sono infatti Regioni che possono alleggerire il governo centrale di alcune competenze, perché non solo non hanno problemi a farsene carico, ma possono vantare risultati più che positivi. Per le Regioni che non riescono ad assumersi più competenze, invece, è lo Stato a fare da garante affinché non vi siano disuguaglianze tra le varie realtà del paese, e creando le condizioni perché ogni Regione possa essere accompagnata in un percorso virtuoso fino a raggiungere gli standard delle altre. Viene quindi data a tutte le Regioni l’opportunità di chiedere «un abito su misura», che ne valorizzi le potenzialità e i punti di forza. È il compimento di un processo democratico che intende promuovere e tutelare le autonomie locali proprio come prevede la nostra Costituzione, autenticamente federalista fin dalla sua stesura. Non è un principio sovversivo. Tutt’altro.

[...] L’autonomia differenziata è una grande opera di decentramento amministrativo che non «spacca» l’Italia. Al contrario, l’unità del paese non potrà che uscire rafforzata da questa grandiosa possibilità di rinnovamento, che, se ben attuata, si rivelerà strategica. Contestarla a priori, solo per difendere l’organizzazione attuale, significa mettere i bastoni tra le ruote a un paese come l’Italia che, per le sue enormi potenzialità, potrebbe non avere rivali.