Filo rosso

La sinistra che odia la polizia: da Pasolini al G7, sempre dalla parte sbagliata

Daniele Dell'Orco

 Dopo che Pier Paolo Pasolini vergò la sua poesia “Il Pci ai giovani”, all’indomani degli scontri di Valle Giulia (era l’1 marzo 1968), con gli agenti che caricarono gli occupanti della facoltà di Architettura della Sapienza di Roma, la sinistra rimase sotto shock. PPP scriveva: «Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti». Si trattava, logicamente di un appoggio metaforico, uno sprone a considerare gli uomini in divisa dei proletari, anziché «servi del sistema» da colpire e rovesciare.

La reprimenda però fece rumore, tanto che la sinistra, ancor oggi, si inerpica per usarne almeno una virgola per sostenere la propria posizione: l’odio, atavico, per la divisa. Dai moti antifascisti del luglio ’60 in poi, la violenza contro le forze dell’ordine non si è mai fermata, ed è un “must” dell’azione degli antagonisti di oggi, sostenuti dai politici di sinistra che erano gli antagonisti di ieri.

Il punto di non ritorno - in una escalation transitata per il’68, per i moti del ’77 e per gli Anni di Piombo - è stato l’incontro-scontro con i movimenti no-global (ingrossati dai black bloc) culminato nel G8 di Genova 2001: il carabiniere Mario Placanica sparò contro il manifestante Carlo Giuliani che stava per colpirlo con un estintore. La sinistra, tutta, si schierò con Giuliani. I fatti della Diaz aumentarono l’odio. E la frattura divenne insanabile. Nel corso degli anni i no-global si sono trasformati in oppositori delle grandi opere, la Tav su tutte. Già nel 2012 gli antagonisti inviavano nelle caserme lettere minatorie con polverine bianche, e da allora ogni cantiere è una trincea. Il sentimento è tornato a incendiarsi da quando Matteo Salvini ha ricoperto la carica di ministro dell’Interno durante il Conte I, mostrandosi spesso con le felpe delle forze dell’ordine. Così, centri sociali e antagonisti hanno sovrapposto nemico storico e politico, sempre col supporto esterno dei partiti progressisti. Le rimostranze sono state dalle più serie (scontri di piazza, ostruzionismo agli sgomberi, supporto all’immigrazione clandestina) alle più facete (la richiesta di abolire le Frecce Tricolori).

 

L’approdo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, infine, ha trasformato i violenti rossi negli utili idioti di Pd e compagnia, che li hanno convinti che il fascismo fosse tornato e che le forze dell’ordine fossero le nuove squadracce. La lista degli attacchi agli agenti è diventata infinita: vedi le manifestazioni di sostegno all’anarchico Alfredo Cospito, a Torino, nel febbraio 2023, con la città devastata; vedi, un anno dopo, le piazzate studentesche Pro-Pal a Pisa e Firenze finite a manganellate e tutto il fronte progressista a fomentare l’odio contro gli agenti. Pochi giorni dopo, ancora a Torino, gruppi di centri sociali aggredirono gli agenti che stavano accompagnando in un centro di rimpatrio un marocchino fermato mentre scriveva slogan contro la Polizia. Un asse antirazzisti-centri sociali appena riemerso a Verona: il maliano Moussa Diarra stava tentando di accoltellare un agente che gli ha sparato, uccidendolo. In 5mila sono scesi in piazza, ma contro chi ha tutelato l’ordine. Infine, ieri. A Torino durante un corteo dei centri sociali contro i Cpr, i militanti hanno lanciato delle bombe carta contro la polizia.