Il report della discordia

Consiglio d'Europa: una manina invisibile vuole castigare l'Italia sui migranti

Marco Patricelli

Il tappo del Quirinale, quantomai tempestivo, ha per lo meno contrastato lo sversamento ideologico-strumentale e la deriva politica, pur non potendo impedire la polemica. La pronuncia del Consiglio d’Europa sul fantomatico razzismo delle Forze dell’ordine italiane nei confronti di africani e rom fa inorridire da qualsiasi punto di vista, anche per gratuità, offensività e ipocrisia. Senza scomodare la dietrologia complottista del “regalino” a dodici stelle confezionato e infiocchettato per il secondo compleanno del Governo, sono i contenuti nella forma e nella sostanza a far pensare all’esistenza di qualche manina interessata dietro a qualche disegnino non casuale al quale è difficile attribuire la buona fede umanitaria e la filosofia del diritto universale.

Mai visto e mai sentito altrettanto vigore decisionale in casi magari eclatanti e soprattutto circostanziati su atteggiamenti istituzionali alquanto disinvolti sul problema epocale delle migrazioni al di su delle Alpi e al di giù della Sicilia. In Europa ognuno se lo risolve nel giardino di casa, anche chiudendolo, senza troppe quinte colonne a strapparsi i capelli né sovraorganismi europei a ficcanasare e a puntare l’indice accusatorio per indicare infrazioni e retta via. Vista appannata, memoria corta e, soprattutto, doppia morale. La Germania dell’ex cancelliera Angela Merkel i migranti se li selezionava, per nazionalità e titolo di studio: braccia spalancate, ma tenendosi nel pugno ingegneri e medici e facendo scivolare tra le dita gli altri, dirottati altrove nel nome della solidarietà allargata. La risposta tedesca alla crisi siriana con la schedatura etnica e professionale non è stata nulla di fronte alla visione delle Forze dell’ordine tedesche che scortavano africani e mediorientali in evidente stato di sedazione indotta verso i mezzi che dovevano riportarli in Italia con la ferrea applicazione di quello sciagurato ircocervo che è stato il Trattato di Dublino.

 



E i cugini transalpini? Non erano forse furgoni guidati da gendarmi quelli sorpresi a sconfinare in Italia, aprire i portelli e scaricare migranti? Si diceva pure che non si facessero mica tante distinzioni tra maggiorenni e minorenni: neanche la schedatura, solo selezione preventiva. E il Consiglio d’Europa? Sì, proprio quello di cui fanno parte anche Stati come la Turchia di Erdogan, esempio planetario di democrazia e diritti umani, non pervenuto. Scena muta pure su Malta che da tempo si è chiamata fuori da quello che accade nelle acque territoriali e S.A.R di propria competenza, e alle chiamate di soccorso fa orecchie da mercante. Ma l’Italia cattivona e birbantella, no, quella è sotto stretta osservazione di un Grande fratello cui nulla sfugge, forse da prima ancora che una figlia di papà barricadera al timone di una nave Ong ne testasse in tema la fragilità emotiva e la schiena dritta della magistratura. Ed ecco adesso l’inattesa ma puntuale bacchettata a poliziotti, carabinieri, finanzieri, uomini e donne che l’ordine pubblico devono garantirlo a tutti, mica a categorie predeterminate, e che prima di compiere il loro dovere secondo Legge e Giustizia ci devono pensare mille volte per non ritrovarsi dall’altra parte della barricata sotto processo. Dalla cultura del sospetto al sospetto dell’incultura il passo è breve: non va in Albania ma fa un giro per Bruxelles e arriva dritta a Strasburgo.