Gastronomia

Francia, fango sulla cucina italiana: "Inganni del governo nazionalista"

Mauro Zanon

«La gastronomie italienne n’est-elle qu’une supercherie?». È questo il titolo dell’“inchiesta” del corrispondente a Roma del quotidiano francese Les Echos, un attacco pieno di astio e scarsa conoscenza della materia nei confronti della cucina made in Italy, bollata come una “supercherie”, un inganno, una truffa, un ammasso di invenzioni. Ignorando l’eredità culturale dell’arte culinaria mediterranea. L’autore, nella sua crociata contro l’Italia, fa leva sulle teorie di un docente dell’Università di Parma, Alberto Grandi, che si è reso noto con il libro Denominazione di Origine Inventata (DOI) e, da anni, in cerca di un po’ di gloria, sfrutta quell’onda, divertendosi a sputtanare la cucina italiana sui giornali esteri: aveva iniziato col Financial Times nel 2023 e continua oggi con Les Echos. Il pretesto per l’articolo, che ha come unico intento quello di denigrare la gastronomia italiana, è l’uscita recente del libro di Grandi, La cucina italiana non esiste. Bugie efalsi miti sui prodotti e i piatti cosiddetti tipici, scritto a quattro mani con Daniele Soffiati. 

«La cucina italiana è decisamente più americana che italiana, forgiata dagli immigrati che poi l’hanno riportata nei loro Paesi d’origine. $ stato il miracolo economico del dopoguerra a sollevare non solo la penisola ma anche la sua cucina dalla povertà in cui vegetava. Gli italiani si aggrappano alla loro cucina come elemento di identità. È un orgoglio nazionale che viene incoraggiato dalla classe politica per adulare facilmente l’elettorato. Questa semplice constatazione mi ha fatto guadagnare la fama di nemico della patria», dice a Les Echos Alberto Grandi con toni vittimistici. Nell’articolo, va da sé, c’è spazio per la solita sbobba anti Meloni e il suo «governo nazionalista», «che ha come ambizione quello di iscrivere la cucina italiana al patrimonio dell’Unesco».

«Al punto da condurre una vera e propria crociata contro i nemici interni ed esterni della sacrosanta cucina dello Stivale», aggiunge il corrispondente a Roma di Les Echos, parlando di «gastrodiplomazia aggressiva» che fa venire l’«acidità di stomaco» alla Commissione europea. E ancora: «La cucina italiana si è trasformata in una vera e propria religione la cui ortodossia è difesa con fanatismo da molteplici Savonarola dei social network. Questi ultimi non esitano a promettere la gogna mediatica a quelli che considerano come degli eretici». Nel 2010, la cucina francese è stata inserita nella lista del patrimonio immateriale dell’Unesco. La prospettiva che anche quella italiana sia formalmente riconosciuta a livello Unesco (il verdetto è atteso per il prossimo anno), suscita parecchia irritazione a Parigi.

«I primi a non amare la cucina italiana sono gli italiani stessi. L’inserimento nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco non è altro che uno strumento di marketing identitario e politico. Se ci verrà negata, gli italiani si chiuderanno nel loro orgoglio nazionale ferito e faranno le vittime. Questo vittimismo culinario è il segno di un Paese che da cinquant’anni non sa affrontare le sfide della modernità e preferisce cristallizzarsi nella cartolina di una destinazione turistica», afferma Grandi a Les Echos. Grandi è sbertucciato un po’ da tutti in Italia, ma idolatrato all’estero da chi non vede l’ora di sputare un po’ di veleno sul Belpaese, soprattutto dalla Francia. Come disse Massimo Bottura, titolare dell’Osteria Francescana, due volte premiato come miglior ristorante al mondo da The World’s 50 Best Restaurants: «Ogni tanto c’è qualcuno che la spara grossa!». E che trova qualche cialtrone pronto ad amplificare le sue sciocchezze.