Scandalo-spioni

Dossieraggio, Salvini contro De Raho: "Ha il dovere di dire quello che sa"

Daniele Capezzone

Ormai i lettori di Libero hanno perfettamente chiari davanti ai loro occhi i contorni della sporca faccenda del dossieraggio contro il governo. A questo punto però si tratta di capire cosa intenda fare davvero la politica.

Dunque, a prescindere dall’azione della magistratura (e quindi dall’inchiesta in corso a Perugia), come pensano di muoversi Governo e Parlamento? Ieri è sceso in campo con forza Matteo Salvini. Per un verso, ha preannunciato una raffica di denunce, essendo uno dei principali bersagli con il suo partito - dell’attività di spionaggio illegale. Per altro verso, in una dichiarazione rilasciata a Libero, ha sfidato apertamente una figura chiave di questa storiaccia, Federico Cafiero de Raho, a dire tutto quello che sa: «È inaccettabile – ha detto Salvini al nostro giornale - che nel palazzo che dovrebbe rappresentare la sicurezza e la legalità per antonomasia, la Procura nazionale antimafia, sia nato un verminaio di spioni (centinaia di migliaia di accessi abusivi) che rappresenta un vero e proprio attacco non solo alla Lega (il partito più spiato), ma alla tenuta democratica del paese. Ci sono mandanti di questi spioni? Chi sono? Perché? Gli italiani tutti hanno diritto a sapere.

 

 

 

Il Procuratore nazionale era Cafiero de Raho. Se ha qualcosa da dire, ha il dovere di farlo; se non ha nulla da dire, forse è ancora più grave». Una dichiarazione politica così netta da parte di un leader è indubbiamente un fatto nuovo che segna un positivo salto di qualità. E allora cosa potrebbe essere efficacemente messo in campo? Vediamo in un rapido giro d’orizzonte quali iniziative potrebbero essere immaginate e realizzate, con una forte e determinata volontà politica

 

 

 

A. Sbloccare l’audizione di Cafiero de Raho 
Libero, ormai il 25 settembre scorso, si è rivolto con una lettera aperta ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, affinché facciano tutto ciò che è necessario e possibile per consentire l’audizione da parte della Commissione Antimafia di Federico Cafiero de Raho, che oggi è vicepresidente di quell’organismo, e che per una parte consistente dell’arco temporale in cui sono avvenuti gli accessi abusivi alle banche dati era il Procuratore nazionale antimafia. Nessuno intende aggredirlo o assumere verso di lui un pregiudizio giustizialista (mica siamo grillini, da queste parti): ma sarebbe paradossale che un cittadino-un magistrato-un parlamentare in grado di dare un contributo fondamentale alla ricostruzione della verità rimanesse al riparo da domande e interrogativi. Peggio ancora: Cafiero de Raho siede nell’ufficio di presidenza della Commissione, contribuisce a determinare l’agenda e il calendario delle audizioni, ha accesso totale alle carte. Però, per un’intesa tra i vertici istituzionali, non viene sentito. Sarebbe molto opportuno superare questa situazione: e soprattutto evitare che questo metodo (entrare in una Commissione allo scopo di non esserne sentito) venga replicato da Giuseppe Conte nell’ambito della Commissione Covid. Dunque, non deve essere Conte a usare il “precedente-Cafiero” per blindarsi: ma dovrebbero essere i Presidenti delle Camere, con una opportuna intesa tra loro, eventualmente coinvolgendo anche le Conferenze dei capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama (e Ignazio La Russa la scorsa settimana aveva mosso un primo passo in questa direzione), a sbloccare questa assurda impasse.

B. Accelerare anche l’attività investigativa della Commissione Antimafia
La Commissione parlamentare Antimafia, al di là dell’attività legata alle audizioni, che finora ha privilegiato per accompagnare le indagini della Procura di Perugia senza sovrapposizioni, avrebbe anche un altro binario da percorrere: quello di una sua autonoma attività investigativa. Dunque, nulla vieta (anzi: tutto consiglia) di accelerare anche su questo fronte. Le domande a cui i parlamentari dovrebbero cercare di dare una risposta rispondere sono cinque, una più grave dell’altra:

1. Chi – all’interno della Procura nazionale antimafia e della Guardia di Finanza – ha scelto, incaricato e poi coperto il sottufficiale Pasquale Striano? Oppure: chi – nella migliore delle ipotesi – ha omesso di vigilare adeguatamente sul suo operato?
2. Davvero vogliamo credere che, a fronte di decine di migliaia di accessi illegali per estrarre informazioni riservate (con ben 200mila documenti scaricati), tutto sia confluito in qualche articolo di un quotidiano (Domani)? E tutto il resto del materiale che fine ha fatto? Che uso è stato compiuto di questa massa di informazioni, o che uso si pensava di compierne, e in cambio di quale utilità?
3. Se dovesse essere confermata la tesi accusatoria e quindi la responsabilità del sottufficiale Striano, siamo così ingenui da credere che abbia svolto un’attività così rischiosa solo per passare qualche carta a un pugno di cronisti?
4. Se questa attività di pesca a strascico avveniva on demand, chi sono i soggetti che hanno effettuato richieste indebite? Si deve ritenere che, in circuiti istituzionali o su binari paralleli, si fosse diffusa la convinzione che esistesse un service provider di informazioni sensibili?
5. Vi sono entità estere che si sono avvantaggiate di questa attività?

C. Convocare in Parlamento il ministro Nordio
Su richiesta dei gruppi parlamentari, si può convocare nell’Aula di Montecitorio e di Palazzo Madama il ministro Carlo Nordio. Le formule sono le più diverse: interrogazioni, oppure un’informativa o una sessione di comunicazioni. E questo consentirebbe di chiarire un ulteriore aspetto politicamente assai significativo: il Guardasigilli, che qui notoriamente stimiamo e apprezziamo, oltre a rilasciare interviste eleganti, colte e allarmate, che iniziativa politica concreta conta di assumere?

D. Riformare le regole esistenti su Procura antimafia e Sos
Parlamento e Governo, ciascuno nel rispetto dei propri ruoli e prerogative, avrebbero anche il compito - per il futuro - di intervenire sul complesso delle norme che, in questa circostanza, si sono rivelate perforabili o aggirabili.

Esempio: la Procura nazionale antimafia deve rimanere organizzata così? Rimarrà il meccanismo delle “porte girevoli” che ha consentito a tre suoi ex capi di trasferirsi rapidamente sugli scranni parlamentari (casualmente, mai nei banchi del centrodestra)? O ancora: il meccanismo delle “sos”, cioè delle segnalazioni sospette, significativamente espanso e allargato ai tempi del ministro grillino Alfonso Bonafede, deve rimanere tale e quale?

E. Commissione d’inchiesta
Esiste anche un’ulteriore possibilità: si tratterebbe di un percorso alternativo rispetto a quello seguito finora. Se si ritiene che la Commissione Antimafia non sia la sede adatta o che sia già oberata da altri impegni, si può pensare all’istituzione di un’apposita Commissione d’inchiesta. Questo però allungherebbe necessariamente i tempi, tra legge istitutiva e costituzione del nuovo organismo.

 

 

 

*** Sono solo alcuni esempi di iniziative possibili: ma l’unica cosa che non è ammessa è l’inerzia. Il centrodestra deve sapere che da sinistra – lo diciamo con amarezza – non verrà alcun contributo utile: in questi giorni, le reazioni sinceramente preoccupate per questa sporca vicenda, in quella coalizione, si contano su poche dita di una sola mano. Segno che, nel “campo largo”, la valutazione è stata già fatta: contro la destra (o comunque senza che ci siano danni a sinistra) si può fare di tutto, anche hackerare la vita democratica. A maggior ragione tocca a Fdi-Lega-Fi assumere tutte le iniziative adeguate per consegnare ai cittadini una ragionevole garanzia che episodi del genere – degni di una cattiva e ingiusta letteratura sul Sud America – non possano più ripetersi. E ovviamente per scoprire i colpevoli e i mandanti di questa oscena e pericolosa manovra. Altro che P2.