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Roberto Gualtieri, il sindaco-vampiro: tassa da 2 euro per vedere la Fontana di Trevi

Claudia Osmetti

La dolce vita. «Marceeello», Anita Ekberg e Federico Fellini. In bianco e nero (ieri), a colori (oggi): perché è lo scorcio più iconico, la cartolina più viva, di una città sempre eterna, sempre grande, sempre affascinante. La monetina lanciata nella vasca (così si ritorna, quasi un rito irrinunciabile); i turisti ammassati, non propriamente in fila indiana; i venditori agli angoli della strada. Via del Tritone, via Poli, piazza Crociferi. La Fontana di Trevi non è un simbolo di Roma, è (per certi versi) Roma stessa. Il suo cuore nevralgico, il suo centro pulsante, il monumento che, forse più di qualunque altro, magari proprio per via di quel cinema che l’ha immortalata nei secoli, la rappresenta. Ma la Fontana di Trevi, adesso, anno domini 2024, giunta al Campidoglio del Pd, rischia di diventare a pagamento.

Un mini-biglietto, il numero chiuso, i tornelli no (almeno quelli li abbiamo scampati), però un cordone col personale e, per il momento, una passerella. Il copyright dell’idea è del sindaco dem Roberto Gualtieri: c’entra il Giubileo dell’anno prossimo (in questi giorni sono partiti i lavori della manutenzione straordinaria, li cura la Soprintendenza, li promuove l’assessorato alla Cultura), ma c’entra soprattutto quel che verrà dopo (e dopo verranno i visitatori, tanti, tantissimi, già adesso ce ne sono 12mila al giorno, nessuno di loro sborsa un centesimo- se non si contano quelle monetine che, tra l’altro, proprio bruscolini non sono dato che ogni anno si stima raggiungano il milione di euro e passa, soldi che vanno in beneficienza grazie a un accordo tra il Comune e la Caritas).

 

 

 

«Può avere un senso un piccolo contributo», dice Gualtieri, pensando a Natale, cioè al 24 dicembre prossimo (la data in cui finiranno gli interventi di pulizia e restauro della Fontana), «uno o due euro: per il momento non facciamo nessun ticket, ma una cosa di buon senso.

Il biglietto lo valuteremo, perché questo è un esperimento. Vedremo, per esempio, se serviranno parecchie hostess (per gestire gli “accessi”, ndr)» e allora, ecco, potrà pure darsi. Nessun balzello per i romani, ma per gli altri sì. A gradi, tuttavia: «Per i primi mesi ci sarà solo un limite all’affollamento, poi studieremo se ha senso o no. Oggi si entra normalmente nel “catino”, è un luogo pazzesco e ci vengono da tutto il mondo.

 

 

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Stanno tutti stretti e nessuno se la può godere (ancora la Fontana, ndr). Per questo diciamo che lì ci si entra, per esempio, in cento. Il 101esimo aspetta che sia uscito il primo. Se diventa un luogo di turismo consumistico e ognuno deve farsi il selfie...». Puntini di sospensione.

Che vogliono dire tutto e niente, dicono (infatti) che la proposta è al vaglio (l’ha espressa il primo cittadino, dopotutto) ma è, per l’appunto, una proposta (ossia non è nulla di ufficiale). Sono ufficiali, semmai, le polemiche che tempo zero investono la capitale: «No al ticket per i turisti che vogliono accedervi», il Codacons; «Il contingentamento degli ingressi è un colpo terribile all’immaginario mondiale, una resa del sindaco e della giunta di fronte all’incapacità di guardare ai problemi reali della piazza», Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera (Fdi). È che Roma qualche problemuccio ce l’ha (e non si risolve di certo racimolando un paio d’euro alla bisogna).

L’illegalità e il degrado della stazione Termini (un chilometro e mezzo di distanza), dove solo negli ultimi dì i carabinieri del servizio straordinario di controllo del territorio Alto impatto hanno arrestato sei persone, ne hanno denunciate altrettante e hanno staccato tre sanzioni amministrative. Zona San Lorenzo (tre chilometri e mezzo di distanza), coi clochard che dormono ai bordi della strada. Piazza delle Coppelle (750 metri di distanza), e una denuncia, protocollata giusto la settimana scorsa, per “omissione di atti d’ufficio”, in capo a Lorenza Bonaccorsi, la presidente piddina del Primo Municipio, chiamata in causa dai residenti dell’area che non ne possono più del degrado e degli ammassi di rifiuti, scatoloni, cibo, bottiglie, sui marciapiedi.

 

 

 

Potremmo andare avanti; potremmo citare il traffico senza sosta (Roma è la 12esima città più congestionata del pianeta: in media, per percorrere dieci chilometri sotto il Colosseo ci vogliono oltre 26 minuti di auto); potremmo ricordare il tasso di criminalità (l’urbe è la seconda metropoli in classifica nazionale per il numero di denunce ogni 100mila abitanti, un numero che supera le 6mila unità); potremmo sottolineare che il trasporto pubblico locale, specie in periferia, è quello che è. Potremmo. Ma sarebbe superfluo quando la soluzione è lì a portata di mano: basta mettere un monumento, uno solo, a visita contingentata e ipotizzarne il pagamento. Com’è che nessuno ci aveva pensato prima?